Diario d’artista. Il Libano raccontato dal duo bolognese Antonello Ghezzi / 2. L’inaugurazione della Beirut Art Fair
Uno sguardo d’artista su un paese affascinante e poco conosciuto, con particolare attenzione al suo mondo dell’arte. Ce lo regala il duo bolognese Antonello Ghezzi, unico invitato dall’Italia – con il supporto dell’Istituto di Cultura Italiano – a partecipare alla Beirut Art Fair nella collettiva Virtual/Reality. Dopo una prima puntata del racconto dedicata all’arrivo, ora […]
Uno sguardo d’artista su un paese affascinante e poco conosciuto, con particolare attenzione al suo mondo dell’arte. Ce lo regala il duo bolognese Antonello Ghezzi, unico invitato dall’Italia – con il supporto dell’Istituto di Cultura Italiano – a partecipare alla Beirut Art Fair nella collettiva Virtual/Reality. Dopo una prima puntata del racconto dedicata all’arrivo, ora si entra nel vivo…
Ieri mattina ho camminato molto per il quartiere di Gemmayzeh, ho scattato diverse foto. Ho fotografato più che altro i muri e le scritte che ci sono sopra, che cambiano andando verso Down Town dove si svolgono le manifestazioni, dove i souks non sono semplici souks ma ”jewellery souks”, dove non si può ancora entrare e non si possono nemmeno scattare foto. Ieri è stata una giornata tranquilla, diversamente da mercoledì quando la protesta era stata accesa, c’erano stati scontri e la polizia aveva arrestato un po’ a casaccio trentotto manifestanti. Le contestazioni si erano spostate qui vicino al DEMO Bar, davanti al comando della polizia che alla fine aveva lasciato uscire i ragazzi. Ieri chi stava facendo lo sciopero della fa me lo ha interrotto: erano più di due settimane che stavano accampati vicino a Place de Martyrs senza mangiare. Forse le cose si calmeranno, intanto ieri si è calmato il caldo e per la prima volta ho sentito un po’ di vento soffiare, una bella sensazione.
Alla fine sono riuscito ad usare le candele per illuminare l’installazione! Ho dovuto promettere che da lì non mi sarei mosso e che avrei controllato che niente e nessuno prendesse fuoco. Verso le 13 c’è stata l’apertura alla stampa: la fiera era ancora un caos, stand da finire, stand da iniziare, luci da sistemare. Nonostante tutto ciò, alla fine il clima era rilassato, positivo, gentile.
C’erano giornalisti locali, altri provenienti dalla Siria, dalla Giordania, dal Quatar. Anche le gallerie sono per la maggior parte mediorientali, le uniche europee che ho visto vengono dalla Francia, dalla Svizzera e dal Belgio. Molti di loro sono qui per la prima volta e sono curiosi, sperano che ci sia del business, hanno fatto le loro ricerche di mercato e lo sanno che qui le possibilità economiche sono molte. Lo vedono dalle auto che arrivano, vedi i loro occhi illuminarsi quando passa una donna tutta fasciata tra stoffe sgargianti e gioielli vistosi, non ti stanno più ascoltando, li hai persi.
Ma io devo tornare dai miei specchi e soprattutto dalle mie candele, alla fine non ho creato nessun incendio e quindi è già un successo. Anche essere accanto alle opere di Marina Abramovic lo è, almeno personalmente, o così mi viene da pensare mentre le persone mi parlano e mi chiedono informazioni sull’opera. Ogni tanto devo cambiare una candela, come fossi in chiesa e avessi una preghiera da fare, poi capita improvvisamente che per qualche minuto salti la corrente elettrica, a dire il vero sta succedendo spesso, e l’opera è ancora più bella nel buio totale della fiera, l’unica che si può vedere.
Alle 19 la fiera è già piena di persone, non è un a fiera grande ma la sensazione è che ci sia davvero molta gente. È l’inaugurazione ”solo per VIP” ma come in tutte le fiere, entra un po’ di tutto e sono sicuro che
prima o poi inizieranno a fare le aperture per gente ancora più vip. I galleristi alla fine della serata sono un po’ perplessi, hanno parlato troppo e venduto poco evidentemente, ma non tutti, la gallerista svizzera è felicissima, mi fa segno che è andato tutto bene e mentre aspettiamo tutti quanti un taxi, la guardo andare via con un signore elegante, su un’auto molto grande, verso l’hotel Le Gray, al’ultimo piano dove c’è la piscina…
Tra le persone che incontro qui ci sono anche alcuni italiani, ragazze e ragazzi che vivono qui per diverse ragioni. Con alcuni di loro finirò la serata fuori dal DEMO. Ho la sensazione di essere a casa mentre la
ragazza che ho di fianco mi racconta della Siria, di quanto sia bella, di quanto siano belle persone i siriani. Mentre lo dice si commuove. Damasco è a soli 130 Km da qui, come dice Michele è come essere a Bologna e la guerra a Riccione.
Paolo del collettivo Antonello Ghezzi
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