I 20 superdirettori tramontano ancor prima di sbocciare? Si infittiscono le voci di ricorsi, ripensamenti, contrasti: ed i sindacati non mollano la presa
ATTESA PER LA RATIFICA DI CRISTIANA COLLU ALLA GNAM? La dimensione, ad oggi, è quella del “pare che”. Rumors e nient’altro. Voci insistenti che circolano fra i corridoi istituzionali e i salotti “culturali” romani (ma non solo romani). Verifiche incerte ed ancora in corso, nell’attesa che l’eventuale bomba esploda. Pare dunque che la questione dei nuovi […]
ATTESA PER LA RATIFICA DI CRISTIANA COLLU ALLA GNAM?
La dimensione, ad oggi, è quella del “pare che”. Rumors e nient’altro. Voci insistenti che circolano fra i corridoi istituzionali e i salotti “culturali” romani (ma non solo romani). Verifiche incerte ed ancora in corso, nell’attesa che l’eventuale bomba esploda. Pare dunque che la questione dei nuovi 20 direttori di museo – accolta con qualche critica di ordine campanilistico e qualche appunto di metodo, ma nel contempo celebrata come una bella rivoluzione – nasconda malumori e possibilità di inciampi di percorso. Si parla di ricorsi, di trappoloni per i nuovi nominati e di resistenze interne legate ai famosi 7 stranieri in carica. Non era difficile immaginare – come spesso accade – che qualcuno degli esclusi avrebbe potuto avanzare perplessità in relazione ai punteggi e alle scelte finali, nel corso di match effettivamente ad armi pari. Ma uno dei candidati alla direzione della Gnam potrebbe aver già trovato il malefico cavillo. Cristiana Collu, oggi ufficialmente alla guida dell’importante istituzione capitolina, sarebbe stata oggetto secondo alcuni beninformati di una pesante azione di ricorso. Da qui l’impossibilità di formalizzare la nomina, al momento. Fin qui le dicerie, dall’altra parte un Ministero tetragono che difficilissimamente su queste cose sbaglia: magari gli errori si fanno altrove, ma non ci si fa trovare impreparati e attaccabili su cose simili. Sembra poi che i direttori siano stati messi in guardia, rispetto ai loro compiti: governare al meglio gli spazi, dal punto di vista scientifico, organizzativo, economico e di comunicazione, ma anche intercettare risorse.
UNO DEI PROBLEMI SAREBBE IL RUOLO DI DIRETTORI/MANAGER
Ed ecco la mitologica figura dei manager che torna a dominare la scena: 20 esperti d’arte, chiamati a “guadagnarsi lo stipendio” in base alle proprie capacità di foundraiser? Così si mormora. Con una quota dello stipendio che sarebbe fortemente legata alla consistenza del “business” portato a casa. Il che non sarebbe nemmeno così scandaloso, visto che all’ormai strutturale carenza di fondi pubblici un direttore – che sia di un museo nazionale o di una piccola realtà di provincia – avrebbe il dovere di rispondere non con l’immobilità, ma con dei piani allargati fatti anche di relazioni con i privati, di bandi europei, di sponsorizzazioni, di spending rewiew, etc. Ma tutto questo, come si concretizza rispetto agli emolumenti dei diretti interessati? Chi trova più soldi guadagna di più? Di questo si vocifera in queste ore. Infine, ci sarebbe una polemica (debitamente sepolta fra le stanze dei comandi) fra il Ministro dei Beni Culturali e il Direttore Generale, Ugo Soragni. Quest’ultimo non vorrebbe cioè ratificare le scelte di Franceschini per quel che riguarda i 7 stranieri. Nomine considerate ingiuste, sulla base di punteggi e meriti? Scelte esterofile di propaganda? Al di là delle voci di corridoio, tuttavia, pare davvero molto complicato che il Direttore Generale dei Musei si contrapponga al Ministro su una questione così cruciale come quella dei 20 direttori, ormai entrata a pieno titolo nella Narrazione Renziana con la enne e la erre maiuscole. Certo è che Soragni – che firma solo la nomina di 13 direttori su 20 – non ha detto una parola per tutta l’estate, non ha commentato, non è stato (assurdamente) sentito da nessun giornale e durante la presentazione dei direttori con Matteo Renzi si è fatto notare per la sua assenza dovuta ad un influenza che gli ha fatto saltare anche la conferenza stampa delle Giornate Europee del Patrimonio.
E INTANTO IMPAZZANO I SINDACATI
L’unica cosa certa, in mezzo a tante congetture difficilmente dimostrabili, è la reazione, come al solito pessima, dei sindacati. Ma d’altronde cosa aspettarsi da organizzazioni che non ci pensano due volte a chiudere il Colosseo in un normale venerdì mattina di settembre con decine di migliaia di turisti in coda venuti da tutto il mondo per fruire del nostro patrimonio e portarvi ricchezza?
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