Prato Updates: rivitalizzare il dibattito critico? Cominciamo separando il ruolo del critico da quello del curatore. E occhio ai commenti…
Era uno dei tanti tavoli attesi al Forum, e non sono mancati spunti davvero interessanti che però non è stato possibile approfondire, poiché la ristrettezza in termini di tempo ha impedito un confronto dialettico tra i relatori e con il pubblico (uno degli aspetti più problematici di tutti gli incontri del forum). Un taglio trasversale […]
Era uno dei tanti tavoli attesi al Forum, e non sono mancati spunti davvero interessanti che però non è stato possibile approfondire, poiché la ristrettezza in termini di tempo ha impedito un confronto dialettico tra i relatori e con il pubblico (uno degli aspetti più problematici di tutti gli incontri del forum). Un taglio trasversale ed un continuo rimando tra il mondo dell’arte e quello della letteratura ha caratterizzato il tavolo Rivitalizzare il dibattito critico, condotto da Stefano Chiodi, che ha messo a confronto esperienze molto eterogenee.
Ha aperto gli interventi Michele Dantini, che da un lato ha sottolineato le difficoltà – anche interpretative – dell’opera, in un momento in cui essa non è più il risultato dello zeitgeist ed è invece molto simile a ciò che la vita contemporanea produce. Tra gli effetti più significativi lo scarso valore di cui gode l’arte nella nostra società ed uno status dell’opera tutto da ricreare, per il quale può essere centrale una “scrittura emozionale“ scevra di tecnicismi. La scrittura e la necessità di farsi capire da parte della critica è stato anche uno degli elementi sottolineati da Riccardo Venturi, che ha riportato come i titoli principali della pubblicazioni divulgative di arte contemporanea siano per lo più improntati ad un noiosa necessità ermeneutica, cui opporsi ritrovando il piacere di “masticare l’opera“.
Luca Panaro ha invitato invece ad utilizzare categorie e modalità contemporanee non più novecentesche, e a contrastare la tendezza “che trasforma i critici in curatori“. Quest’ultimi, sottolinea Panaro, esprimono una tendenza quasi servile, che Dantini interpreta invece come quella del fiancheggiatore (al contrario del critico che “ragiona su istanze rispetto a luogo e geografia“).
La fine della critica, anche in campio letterario, è il topos di cui analizza le cause Andrea Cortellessa, che intravede nei commenti di qualità nei social network l’istanza residuale di un possibile pensiero critico, se si vuole evitare un “autismo corale“, rischio che si somma a quello di essere “persi nello spettacolo del presente, abbagliati dalla luce dell’attualità“, come sottolinea invece Giulio Ciavoliello. Guido Mazzoni suggerisce, per non perdere la capacità critica, di occupare/presidiare le istituzioni (come scuola e musei) stando nel contempo in rete, essendo ormai in crisi irreversibile i corpi intermedi, causa una società che è sempre di più, in ogni aspetto, di massa.
– Daniele Capra
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