Ecco le immagini dalla preview all’Hangar Bicocca di Milano. Le Ipotesi di Philippe Parreno, tra coreografia e drammaturgia

“L’antologia del mio lavoro ruota intorno a come le forme appaiono e come poi scompaiono. Questa non è una mostra su di me, ma è su tutti coloro che con me hanno lavorato per renderla tale, da Liam Gillick a Tino Sehgal“. Parola di Philippe Parreno (1964 in Oran, Algeria), la cui prima mostra istituzionale […]

L’antologia del mio lavoro ruota intorno a come le forme appaiono e come poi scompaiono. Questa non è una mostra su di me, ma è su tutti coloro che con me hanno lavorato per renderla tale, da Liam Gillick a Tino Sehgal“. Parola di Philippe Parreno (1964 in Oran, Algeria), la cui prima mostra istituzionale italiana, dedicata a non un percorso propriamente retrospettivo, ma una comunque notevole raccolta di lavori, appartenenti agli ultimi quindici anni del suo percorso, si inaugura a Milano all’HangarBicocca. Il primo progetto ad accogliere questa inattesa e spettacolare mostra personale – titolo Hypothesys – è un intervento di Jasper Johns, set elements for Walkaround Time, collocato al centro della piattaforma, composta da parallelepipedi trasparenti, dipinti con immagini tratte da La sposa messa a nudo dai suoi scapoli (Il grande vetro), 1915-1923, celebre opera di Duchamp, utilizzata come elemento di scena nell’omonima performance di Merce Cunningham del 1968. Nella navata principale, su un enorme schermo, si susseguono, fra gli altri, per due ore circa, le proiezioni dei lungometraggi: Anywhere Out of the World (2000); Alien Seasons (2002), With a Rhythmic Instinction to be Able to Travel Beyond Existing Forces of Life (2014) e l’avvincente The Boy From Mars (2003).

UN PISTA DA BALLO, DUE PIANOFORTI E UN CUBO
Tutt’attorno, nelle Navate di HangarBicocca, è stata invece allestita How Can We Know the Dancer from the Dance (2013), una pista da ballo bianca circolare e una parete curva che lentamente si muove lungo il suo perimetro, dove viene diffuso il suono dei passi di danzatori, intenti nell’eseguire una coreografia di Merce Cunningham. Opere centrali della mostra sono l’arco, la rotaia accecante di Another Day with Another Sun (2014) creata in collaborazione con Liam Gillick, un lavoro in cui una luce attraversa la monumentale navata destra e le insegne luminose orizzontali (dette Marquees) di Danny the Street (2006-2015) tracciano un boulevard, formando lunghe ombre che trasformano e rendono drammatica l’architettura dello spazio espositivo. I suoni dei due pianoforti allestiti all’estremità del percorso eseguono varie composizioni musicali realizzate da Agoria, Ranjana Leyendecker, Thomas Bartlett, Nicolas Becker, Robert AA Lowe e Mirwais. In ultimo, sul finire dello spazio che costeggia e accompagna I sette palazzi celesti di Kiefer, si entra nel Cubo per assistere a una trasformazione delle pareti, fasciate da una fantasmagoria in cui luce naturale, artificiale e le proiezioni di opere cinematografiche si inseriscono le une nelle altre.

Ginevra Bria

www.hangarbicocca.org

 

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Ginevra Bria

Ginevra Bria

Ginevra Bria è critico d’arte e curatore di Isisuf – Istituto Internazionale di Studi sul Futurismo di Milano. È specializzata in arte contemporanea latinoamericana.

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