Renoir dipinge da schifo, via dai musei. Accade a Boston la protesta contro l’impressionista francese. E c’è anche l’account Instagram dedicato
Controcorrente? Indubbio. Folli ed esaltati? Probabilmente: è l’identikit degli haters di Pierre-Auguste Renoir, i detrattori del pittore impressionista che da qualche giorno campeggiano davanti al Museum of Fine Arts di Boston, con cartelli e slogan del tipo “Dio odia Renoir”, “ReNOir” o “Renoir dipinge da schifo”. E una richiesta: mettere al bando dai musei nazionali i dipinti del […]
Controcorrente? Indubbio. Folli ed esaltati? Probabilmente: è l’identikit degli haters di Pierre-Auguste Renoir, i detrattori del pittore impressionista che da qualche giorno campeggiano davanti al Museum of Fine Arts di Boston, con cartelli e slogan del tipo “Dio odia Renoir”, “ReNOir” o “Renoir dipinge da schifo”. E una richiesta: mettere al bando dai musei nazionali i dipinti del pittore di Limoges: “letteralmente terribili”, si legge nella petizione lanciata lo scorso aprile e diretta ad un’altra istituzione, la National Gallery di Washington D.C.
Ci vanno giù pesanti Max Geller – il portavoce del singolare movimento, nonché fondatore dell’account Instagram renoir_sucks_at_painting – e il suo manipolo di fanatici anti-Renoir. E dunque, alla gogna il povero impressionista, i suoi paesaggi dissolti nella luce, i suoi ritratti leggeri della Parigi borghese dell’Ottocento, che danza e conversa tra tocchi rapidi e brevi di colore.
Ne fanno una questione di bellezza, di estetica: gli alberi di Renoir sono scarabocchi verdi, se non piante in decomposizione; i volti delle sue modelle inespressivi; le sue opere a volte insipide, a volte stucchevoli, ma sempre offensive per il pubblico. Parlano di terrorismo estetico, di giustizia culturale e mettono in discussione l’autorità dei musei che decidono cos’è e cosa non è arte (qualcuno dovrebbe far notare loro che un certo Marcel Duchamp li ha preceduti di circa un secolo).
Una protesta reale, seppure semi-seria – impossibile che non scappi un sorriso sfogliando l’account Instagram dedicato – oppure una “trollata”? In ogni caso, sono sicuramente riusciti nell’impresa. Ma quella di far parlare di sé.
– Marta Pettinau
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