Salvate il Museo Lombroso! Dopo la petizione che ne chiede la chiusura per razzismo, arriva la contro-petizione. Il padre della criminologia è un criminale?
Nessuno ormai lo prende più sul serio. Né l’opinione popolare, tantomeno il settore delle scienze umane. Il povero Lombroso è ormai solo una memoria storica, un’icona demodé, con cui al massimo si gioca tra ironiche chiacchiere da bar. Presumere di poter leggere qualità e attitudini interiori di una persona, sulla base di costanti fisiche legate […]
Nessuno ormai lo prende più sul serio. Né l’opinione popolare, tantomeno il settore delle scienze umane. Il povero Lombroso è ormai solo una memoria storica, un’icona demodé, con cui al massimo si gioca tra ironiche chiacchiere da bar. Presumere di poter leggere qualità e attitudini interiori di una persona, sulla base di costanti fisiche legate ai geni, ai lineamenti, alla razza, fa ormai sorridere (oppure inorridire). Tuttavia, Cesare Lombroso, positivista e darwiniano, nell’800 gettò le basi in Italia per un primo studio ordinato della criminalità, diffondendo teorie – prive di alcun fondamento, come successivamente dimostrato – che alla morfologia del volto e del corpo assegnavano una logica esatta, direttamente connessa alle devianze e le inclinazioni caratteriali. Fattori esterni, quali l’educazione e l’ambiente, restavano sul fondo, come dettagli ininfluenti.
Facile intuire la pericolosità di una simile impostazione, comodo supporto teorico per razzismi e discriminazioni vari. Al punto che, nell’ansia di disfarsi di tanti preconcetti, il Comitato no-Lombroso si batte dal 2010 per eliminare qualunque residuo lombrosiano dalle aule delle università e dall’immaginario collettivo. Tra battaglie legali, petizioni e campagne mediatiche, questi acerrimi nemici del “lombrosianesimo” puntano a una rimozione totale: si chiede dunque l’eliminazione dai libri di testo delle teorie dello studioso, la soppressione di commemorazioni odonomastiche (ovvero: cambiare nome alle varie “Piazza Lombroso”, “Via Cesare Lombroso”, etc.), nonché la chiusura dei musei che celebrano il personaggio.
Quello di Torino, ad esempio, un ente universitario che conserva e diffonde testi originari e documenti utili a studenti, accademici, appassionati, ricercatori. E che i turisti visitano regolarmente. Per il suddetto Comitato un mero tempio del pensiero razzista, meritevole di immediata chiusura. Dinanzi a cotanto accanimento, ecco spuntare in questi giorni la contro-petizione. Titolo: “Non chiudete il Museo Lombroso”. A lanciarla un gruppo di conoscitori e frequentatori di questo singolare luogo, desiderosi di sottolinearne la pura valenza storica e l’utilità per chiunque si avvicini agli studi criminologici. La battaglia, giudicata “immotivata e fuorviante”, sbaglierebbe dunque bersaglio: il Museo non difende le idee di Lombroso, ma ne conserva la memoria, come tassello di un processo culturale che portò, tra evoluzioni e revisioni, alla legittimazione epistemologica e alla codifica metodologica dell’attuale criminologia. La guerra, adesso, è tutta a colpi di firme online.
– Helga Marsala
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