Visioni nostalgiche, seduzioni decadenti. Manfredi Beninati racconta il suo lavoro al pubblico dei Martedì Critici. Appuntamento al Macro di Roma
MANFREDI BENINATI, CONVERSAZIONE A QUATTRO DI MARTEDÌ Un artista e tre critici, stavolta, sul palco dei Martedì Critici, per il quinto appuntamento del nuovo ciclo stagionale romano. Siamo al Macro, Sala Cinema, insieme ad Alberto Dambruoso, Lorenzo Canova e Sara De Chiara. Ospite della serata è Manfredi Beninati, tra i più valenti artisti italiani dediti […]
MANFREDI BENINATI, CONVERSAZIONE A QUATTRO DI MARTEDÌ
Un artista e tre critici, stavolta, sul palco dei Martedì Critici, per il quinto appuntamento del nuovo ciclo stagionale romano. Siamo al Macro, Sala Cinema, insieme ad Alberto Dambruoso, Lorenzo Canova e Sara De Chiara. Ospite della serata è Manfredi Beninati, tra i più valenti artisti italiani dediti (anche) al linguaggio della pittura, ibridato sovente con l’installazione.
Palermitano, con lunghe esperienze di vita e di lavoro a Roma e a Londra, Beninati sceglie di dedicarsi professionalmente all’arte verso la fine degli anni Novanta, realizzando disegni, dipinte, sculture. Da questo incipit tardivo ai primi, solidi successi, il passo è incredibilmente breve. Nel 2004 si aggiudica il premio DARC per la Giovane Arte Italiana e l’anno seguente prende pare alla Biennale di Venezia con un’installazione per il Padiglione Venezia.
NOSTALGIA E ARISTOCRAZIA, DA PALERMO ALLA BIENNALE DI VENEZIA
In “Prendere appunti per un sogno da iniziare di pomeriggio e continuare la notte (e che non si cancella al risveglio) ovvero Svegliarsi su una spiaggia sotto il sole cocente” c’è già tutta la magia, l’eccellenza formale, il potere seduttivo e l’impostazione intellettuale della sua ricerca. Un lavoro maturo ed incisivo. Attraverso un vetro opaco lo spettatore osservava un ambiente settecentesco, in scala 1:1, ricostruito nei minimi dettagli e velato di una patina malinconica: polvere, ragnatele, incrostazioni del tempo, oggetti consunti e abbandonati, tracce di una presenza umana ormai svanita, e poi alberi, piante, rami secchi, incursioni di paesaggio dentro un’architettura fantasma… La visione scivolava sul piano dell’allucinazione, della nostalgia, nell’incrocio classico fra sontuosità e decadenza, celebrazione vitale e ineluttabilità della morte.
Tutto il lavoro di Beninati pare definirsi come un memento mori barocco dalla forgia contemporanea, tanto cesellato, scintillante, erotico sul piano della superficie, quanto tragico, cupo, notturno a livello della percezione spirituale. L’azione implacabile del tempo, l’attaccamento agli oggetti e la liturgia del ricordo, la memoria d’infanzia e quella del mito, convivono dentro immagini potentemente fisiche, eppure sfocate, in perenne dissolvenza. Sul fondo, il bagliore di un’aristocrazia perduta, tornando con la mente alla Palermo di un secolo fa e ai suoi residui spenti, resistenti. Misti a una dimensione fiabesca, gonfia d’innocenza e di violenza sotterranea.
– Helga Marsala
I Martedì Critici, Manfredi Beninati
20 ottobre 2015, ore 18.30
Macro – via Reggio Emilia 54 (Sala Cinema), Roma
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