Lo Strillone: la storia del mondo attraverso il vandalismo nell’arte sul Corriere della Sera. E poi Hayez alle Gallerie d’Italia di Milano, Ennesima alla Triennale
Dalla Mesopotamia a Roma, Costantinopoli, fino all’Isis. I vandali non si arrendono mai: le distruzioni d’opere d’arte sono una costante della storia. Ne parla il Corriere della Sera prendendo spunto da un attualissimo saggio di Viviano Domenici (Sperling&Kupfer): “Quando l’Isis eravamo noi, ed erano gli altri a custodire l’arte blasfema, non servivano i video su […]
Dalla Mesopotamia a Roma, Costantinopoli, fino all’Isis. I vandali non si arrendono mai: le distruzioni d’opere d’arte sono una costante della storia. Ne parla il Corriere della Sera prendendo spunto da un attualissimo saggio di Viviano Domenici (Sperling&Kupfer): “Quando l’Isis eravamo noi, ed erano gli altri a custodire l’arte blasfema, non servivano i video su YouTube a mostrare quel che andavamo a devastare nel nome di Cristo. Bastava Niceta Coniata: un mite intellettuale bizantino che nel 1200 si trovava a Costantinopoli, il giorno in cui arrivò la soldataglia di Innocenzo III, e ci lasciò il racconto atterrito di che cosa combinarono quei cristiani alla Quarta Crociata. Altro che le mura di Ninive trapanate da Al Baghdadi, o il tritolo talebano sui Buddha di Bamiyan”.
“La sua principale qualità era la straordinaria capacità di modulazione del colore. La tradizione veneta, tizianesca, era molto sentita. ln più, l’artista era attento alla materia che usava, alle tele, ai pigmenti stessi: non faceva ricorso ai colori industriali, ma li voleva naturali. Per questo, ancora oggi sono smaglianti, conservano quella lucentezza che sembra fiamminga“. Il Manifesto porta i suoi lettori alle Gallerie d’Italia di Milano in occasione della grande mostra dedicata ad Hayez: e raccoglie le parole del curatore Fernando Mazzocca. Anche La Stampa va a Milano, ma per raccontare “Ennesima” alla Triennale: “Vincenzo de Bellis cura una ricognizione sull’ultimo mezzo secolo. Performance, installazioni, video fanno capire le tante occasioni perdute. Mettersi a curare una mostra sull’arte italiana, diciamo contemporanea, vuoi dire mettersi in un bel guaio”.
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