Lo Strillone: oggi niente Strillone. Perché? Perché a un’informazione drogata preferiamo nessuna informazione
Oggi niente Strillone. Che succede? Forse i giornali non sono in edicola? Sì che ci sono: solo che Artribune ha deciso – e lo fa di rado – di combattere una piccola battaglia etica. Di avvisaglie ne avevamo da tempo, oggi abbiamo avuto solo l’ennesima conferma che ci ha fatto gridare: basta! Accade questo: in […]
Oggi niente Strillone. Che succede? Forse i giornali non sono in edicola? Sì che ci sono: solo che Artribune ha deciso – e lo fa di rado – di combattere una piccola battaglia etica. Di avvisaglie ne avevamo da tempo, oggi abbiamo avuto solo l’ennesima conferma che ci ha fatto gridare: basta! Accade questo: in un panorama dell’editoria quotidiana che certo non eccelle, con qualche rara eccezione, nell’informazione culturale e artistica, da un po’ di tempo – ma la cosa si sta decisamente intensificando – capita di incontrare in qualche grande quotidiano nazionale ampissimi focus su singoli eventi, sempre eventi espositivi.
Spesso si tratta di due paginate, non singoli articoli, ma vere e proprie “inchieste” culturali, ricche di immagini, interviste, a volte grafici, opinioni critiche. E cosa lamentare? Perdonateci, ma questo mestiere lo facciamo da qualche lustro, per non dire da qualche decennio: e siamo in grado di dire a chiare lettere che questi focus – oggi stesso se ne trova uno, molto ampio, sul “primo” quotidiano italiano – non nascono (non solo, per essere proprio generosi) da stimoli culturali e informativi. Sono, per dirla chiaramente, redazionali mascherati da informazione.
E questa cosa, che accade solo in Italia a quanto sia possibile constatare, crea innanzitutto un vulnus informativo (provate a farci caso: troverete mai una stroncatura in queste patinatissime paginate? No, mai!). In seconda battuta crea un vulnus anche economico: perché, sempre per parlar chiaro, se la produzione di una grande mostra investe denaro per COMPRARE questi “articoli” drogati, avrà – e infatti ha – molte meno risorse da investire in sanissima, trasparentissima PUBBLICITÀ, che è quella cosa che normalmente consente ai media seri di sopravvivere.
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