Pesaro, brutta sorpresa per il Collettivo FX. Dei volontari cancellano il murale (autorizzato) dedicato a Ciclon, il “matto del villaggio”. E la comunità si arrabbia
DIETRO OGNI MATTO C’È UN VILLAGGIO. STREET ART E MEMORIA COLLETTIVA L’idea è un po’ quella della celebrazione collettiva, del monumento effimero. Il dono di una comunità in memoria di un figlio, fratello, antenato, concittadino. Gli eroi celebrati dal Collettivo FX – gruppo di street artist attivo da anni – sono eroi marginali, invisibili, incompresi, derisi, dimenticati. […]
DIETRO OGNI MATTO C’È UN VILLAGGIO. STREET ART E MEMORIA COLLETTIVA
L’idea è un po’ quella della celebrazione collettiva, del monumento effimero. Il dono di una comunità in memoria di un figlio, fratello, antenato, concittadino. Gli eroi celebrati dal Collettivo FX – gruppo di street artist attivo da anni – sono eroi marginali, invisibili, incompresi, derisi, dimenticati. Gli ultimi. Solitari e diversi.
Alcuni viventi, come Bruno Cartò a Jesi, col suo carretto di cartoni e i suoi occhiali come fondi bottiglia; altri avvolti dal mistero, come l’Uomo Cane, clochard di Mazara del Vallo scomparso nel ’73, da molti associato ad Ettore Majorana; altri ancora divenuti icone monumentali, come quel Fancesco che parlava agli uccelli e che a Roma scambiò i suoi abiti borghesi con quelli di un mendicante.
Sono i matti del paese, outsider straordinari, a cui FX ha dedicato un progetto itinerante. Fatto d’immagini e di muri, ma soprattutto di sottili restituzioni: “Dietro ogni matto c’è un villaggio” restituisce alle province d’Italia delle storie tramandate spesso a memoria, delle facce, degli aneddoti in estinzione. Dipingere per strada i volti dei matti, nati e cresciuti dentro piccole comunità, è un’operazione genuina, giusta. Praticata qui con delicatezza, mettendosi in ascolto.
GLI SBIANCATORI CANCELLANO (PER SBAGLIO?) IL VOLTO DI CICLON
Così era accaduto, ad esempio, a Pesaro, dove sul muro di cinta dell’ex manicomio cittadino era comparso il volto di Gino Bambini, detto Ciclon, personaggio noto ai pesaresi: un tipo strano, esile, vistosamente zoppo, spesso deriso, cacciatore di piccioni e collezionista di conigli bianchi, qualche volta nervoso ma mai violento, senza un centro, senza requie, senza un ormeggio. Ciclòn è morto nel 2007. E il bel murale in suo onore – tratto essenziale, sintesi pittorica, piglio dolcemente umoristico – è durato due giorni appena.
Ci hanno pensato gli zelanti volontari dell’associazione locale Regresso Arti a restituire l’originario candore (o grigiore) al muro in questione. La loro lotta contro il degrado urbano passa anche da interventi come questo: cancellare scritte e murales, per riportare l’ordine.
Ma con quale criterio? Chi decide? Chi accomuna (o distingue) la tag di un ragazzino, il masterpiece di un writer, una svastica, uno slogan calcistico, un murale illegale di qualità e uno concordato (come in questo caso) con l’amministrazione? In teoria non dei volontari con l’ansia da sbiancamento. Gente con buoni propositi, a cui i comuni stessi spesso si affidano, ma che non dovrebbe muoversi in autonomia. O il risultato è eguale e contrario a quello di chi vandalizza: offendere senza capire, agire (male) fuori dalle regole. Quando la prima regola di cui dovrebbero dotarsi le amministrazioni è quella del rapporto coi territori e della collaborazione con esperti, artisti, curatori, residenti.
IL DISAPPUNTO DEL COMUNE
Loro, i ragazzi di Regresso Arti, si giustificano parlando di una richiesta di pulitura di altri muri limitrofi, arrivata dal Comune ed evidentemente fraintesa: “Ci dispiace”, hanno spiegato al Messaggero, “ma evidentemente c’è stato un difetto di comunicazione. Rimborsare l’opera? Non scherziamo. È da dieci anni che lavoriamo gratis per il Comune. Eppure siamo penalizzati. Per realizzare una mostra è da mesi che chiediamo i permessi senza successo mentre per altri “giochini” artistici i permessi vengono rilasciati con molta più facilità”. Dai piani alti però negano: nessuna richiesta e nessun equivoco. Hanno fatto tutto da soli, sostengono in giunta.
E stavolta porebbe essere proprio il Comune a porre rimedio, sulla scorta del disappunto generale. Chiedendo agli artisti di dipingere nuovamente l’opera e acquistando i materiali. La comunità ringrazia: una memoria tenera, per chi amava Ciclon, e un monito silenzioso per chi non ne aveva considerazione, per chi lo canzonava, per chi lo avrebbe, via via, dimenticato.
– Helga Marsala
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