Volete destinare il vostro 5 per mille alla salvaguardia dei beni culturali? Ve lo potete scordare: una volta su tre (in qualche caso 2 su 3) lo Stato ci fa quel che gli pare
Un terzo degli importi decisi dai contribuenti attraverso l’8 e il 5 per mille non arriva a destinazione. Nel senso che non giunge ai beneficiari inizialmente indicati dai contribuenti. Ad andare a spulciare nei meandri amministrativi è il media più specializzato del Paese in questioni finanziarie, ovvero Il Sole 24 Ore: “su 6,6 miliardi di […]
Un terzo degli importi decisi dai contribuenti attraverso l’8 e il 5 per mille non arriva a destinazione. Nel senso che non giunge ai beneficiari inizialmente indicati dai contribuenti. Ad andare a spulciare nei meandri amministrativi è il media più specializzato del Paese in questioni finanziarie, ovvero Il Sole 24 Ore: “su 6,6 miliardi di euro resi disponibili dalle scelte dei cittadini – 2,6 miliardi accumulati negli oltre vent’anni di vita dell’8 per mille e poco più di 4 generati dal 5 per mille a partire dal 2006, anno del debutto – nelle tasche dei beneficiari sono finiti 4,3 miliardi. Gli altri 2,3 miliardi si sono persi in mille rivoli, conseguenza dei tagli per far fronte a varie esigenze del bilancio statale”.
Tradotto: voi potete anche indicare a chi volete che il vostro 5 per mille sia destinato, per esempio – immaginiamo accada per molti dei nostri lettori – alla salvaguardia dei beni culturali. Ma poi lo Stato utilizzerà – in oltre 1 caso su 3, spesso 2 su 3 – quei fondi per il proprio fabbisogno, infischiandosene delle vostre indicazioni. “Secondo la legge”, scrive sempre il quotidiano, riferendosi qui all’8 per mille, “quei 2,6 miliardi avrebbero dovuto finanziare i progetti contro la fame nel mondo, per aiutare i territori colpiti da calamità naturali, il restauro del patrimonio culturale, l’assistenza ai rifugiati e (settore ultimo arrivato) l’edilizia scolastica. In realtà, i destinatari hanno visto, complessivamente, 819 milioni. Rispetto all’importo totale di 2,6 miliardi, due terzi – ovvero quasi 1,8 miliardi – hanno preso altre strade, costretti dalle urgenze della finanza pubblica”.
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