Immagini dalla personale di Petrit Halilaj all’HangarBicocca. La quotidianità della guerra alla ricerca di un futuro possibile
Sebbene Petrit Halilaj (1986, Kosterrc, Kosovo. Vive e lavora a Runik, Pristina, Mantova e Berlino) non abbia ancora trent’anni, lo Shed di Hangar Bicocca già raccoglie dieci dei suoi lavori, dei progetti più importanti che ne hanno determinato la carriera, passando dalla Biennale di Berlino alla sua partecipazione nazionale alla Biennale di Venezia, nel 2013. […]
Sebbene Petrit Halilaj (1986, Kosterrc, Kosovo. Vive e lavora a Runik, Pristina, Mantova e Berlino) non abbia ancora trent’anni, lo Shed di Hangar Bicocca già raccoglie dieci dei suoi lavori, dei progetti più importanti che ne hanno determinato la carriera, passando dalla Biennale di Berlino alla sua partecipazione nazionale alla Biennale di Venezia, nel 2013. Il percorso si articola come il punto di incontro tra piani sdoppiati e rappresenta la prima mostra ordinata dalla nuova curatrice di HangarBicocca, Roberta Tenconi.
Space Shuttle in the Garden – questo il titolo – si inserisce come una mappatura intersecante tra gli spazi della memoria di Halilaj e il corpo centrale dell’istituzione privata, focalizzando il punto visivo del visitatore sulla ricerca di un orizzonte superiore. Il lavoro che rappresenta lo snodo, il punto di collegamento tra l’artista e il mondo, nonché ingresso metaforico di congiungimento fra interno e esterno della mostra è il razzo-pollaio di They are Lucky to be Bourgeois Hens II (2009). Intervento simbolo di una quotidianità proiettata verso nuovi mondi, realtà di ricongiungimento, ricostruzione e speranza.
CAMBI DI SCALA IMPROVVISI, OGGETTI ARCHEO-TIPOLOGICI
Incentrato sul cambio di prospettiva, di punto di vista sulla realtà, Halilaj erige anche l’imponente The places I’m looking for, my dear, are utopian places, they are boring and I don’t know how to make them real (2010-2015): un’orlatura delle proprie pareti di casa completamente ricostruita seguendo i casseri perimetrali dell’edificio. Tra videoproiezioni e cambi di scala improvvisi, tra gioielli di famiglia (It is the first time dear that you have a human shape, 2012 e 2015) e oggetti archeo-tipologici (Si Okarina e Runikut, 2014), il percorso si articola sull’intrinsecazione di movimenti e la concatenazione di processi visivi che rendono Space Shuttle in the Garden un viaggio nella terra in cui le conversazioni con le galline e le memorie di una quotidianità distrutta dalla violenza diventano sinonimo di vittoria del futuro sul passato del uomo. Nella gallery, immagini dall’opening…
– Ginevra Bria
Fino al 13 marzo 2016
HangarBicocca
Via Chiese 2, Milano
www.hangarbicocca.org
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