Liberalizzate la riproduzione fotografica dei beni bibliografici e archivistici. Lo chiedono i ricercatori italiani. Nella raccolta firme anche i nomi di Salvatore Settis e Umberto Eco
Vi è mai capitato di trovarvi in un archivio o in una biblioteca e di voler fotografare con il vostro smartphone pagine di un libro o di un documento in consultazione, per poi poterle rileggere con calma? Nel caso, con molta probabilità sarete stati malamente bacchettati, se non costretti a pagare una tassa (da un […]
Vi è mai capitato di trovarvi in un archivio o in una biblioteca e di voler fotografare con il vostro smartphone pagine di un libro o di un documento in consultazione, per poi poterle rileggere con calma? Nel caso, con molta probabilità sarete stati malamente bacchettati, se non costretti a pagare una tassa (da un minimo di 3 euro a faldone sino a 2 euro a scatto, pare). Tutto per foraggiare le ditte di riproduzione che, in genere, esercitano il servizio a pagamento in regime di monopolio, a danno, sia in termini di denaro che di tempo, di chi svolge attività di ricerca. Come se la vita dei ricercatori in Italia non fosse già abbastanza complicata.
Da questa situazione, ha preso vita Fotografie libere per i Beni Culturali, un movimento spontaneo a favore della riproduzione libera e gratuita delle fonti documentarie in archivi e biblioteche per finalità di ricerca, nel rispetto della privacy per i beni archivistici e delle norme a tutela del diritto di autore per i beni bibliografici. “Sinora siamo riusciti a raccogliere oltre 4300 firme di studiosi da tutto il mondo insieme all’adesione di autorevoli esponenti della cultura e società italiana, tra i quali Massimo Bray, Salvatore Settis, Tomaso Montanari e Umberto Eco”, spiega Mirco Modolo, ricercatore in archeologia.
Il movimento chiede di rivedere il decreto Art Bonus, convertito in legge il 29 luglio 2014, con un emendamento restrittivo, approvato alla Camera dei Deputati, che autorizza la riproduzione di qualsiasi bene culturale, ad eccezione dei beni bibliografici e archivistici (documenti di archivio, codici manoscritti e volumi a stampa non più tutelati dal diritto di autore). Cosa vuol dire? Che un turista può farsi un selfie con la Venere di Botticelli, mentre un dottorando – magari pure senza borsa – non è autorizzato alla riproduzione fotografica, gratuita e libera da preventiva autorizzazione, di un testo per finalità di studio: un’assurdità. Tutta italiana, ovviamente, considerato che la libera riproduzione fotografica in archivi e biblioteche in paesi come la Francia e l’Inghilterra è in vigore da anni (si vedano gli Archives Nationales di Parigi o la British Library a Londra). Per chi fosse interessato, la raccolta firme è ancora in corso.
– Marta Pettinau
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