Azdora, Cesare Pietroiusti e Muna Mussie. Allo spazio Raum di Bologna un tris di appuntamenti performativi insoliti e preziosi
Raum, lo spazio di Xing a Bologna dedicato al sostegno della produzione culturale contemporanea, ospita tre inusuali occasioni performative. Si comincia sabato 13 febbraio con Azdora – Ritual # 11 Glimpses of the other side, the transformation process, a cura dell’artista svedese basato a Berlino Markus Öhrn: “Le Azdora sono comparse per la prima volta nel luglio 2015 durante […]
Raum, lo spazio di Xing a Bologna dedicato al sostegno della produzione culturale contemporanea, ospita tre inusuali occasioni performative. Si comincia sabato 13 febbraio con Azdora – Ritual # 11 Glimpses of the other side, the transformation process, a cura dell’artista svedese basato a Berlino Markus Öhrn: “Le Azdora sono comparse per la prima volta nel luglio 2015 durante il Festival di Santarcangelo. Hanno contagiato il paese con azioni in luoghi pubblici e tenuto oscuri rituali nell’Azdora club per dieci giorni di fila. Ora, in un inverno in cui il sole si nasconde e i giorni sono corti, hanno iniziato lentamente la loro trasformazione in uno stadio successivo di esistenza. A Raum potrete sincerarvi del loro stato mentale e dalla fase del processo di trasformazione in cui si trovano esattamente in questo momento: da qualche parte tra due universi”.
Il programma prosegue martedì 23 febbraio con la presentazione dell’esito del worklab tenuto da Cesare Pietroiusti con un gruppo di studenti dell’Accademia di Belle Arti di Bologna. Il laboratorio, intitolato La lingua degli affetti e del desiderio, si interroga sull’importanza della competenza relativa alla propria lingua madre: l’artista e i partecipanti proveranno a esplorare, condividendo esperienze e momenti di sperimentazione, i campi dell’enunciazione, del lessico e della fonetica connessi all’espressione degli affetti e del desiderio.
La trilogia del Raum si chiude giovedì 3 marzo con la performance Milite Ignoto di Muna Mussie, che suggerisce: “Milite Ignoto si evolve attraverso un’intervista (possibile-impossibile) che si allinea alla natura della coincidenza: un fenomeno che tende a minare le certezze del pensiero razionale fondato su verità assodate e ad aprire varchi su piani più emozionali, portatori di verità soggettive, arbitrarie e dunque cortocircuitarie”. Nelle parole dell’artista eritrea risuona perfettamente l’intento di questo spazio bolognese, da anni luogo “di confronto anche rischioso, al di fuori dei contesti e circuiti di attuazione tradizionali, che richiedono soluzioni già ben rodate”.
– Michele Pascarella
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