Il Gigante profugo che balla per demolire la xenofobia. Arriva nell’enclave spagnola di Melilla la performance itinerante dell’artista BR1: ecco immagini e video
Tempi complessi, tempi di tragedie immani, tempi schiacciati dalla cronaca quotidiana di un tema ricorrente: l’esodo di migliaia di rifugiati e richiedenti asilo, in fuga verso i confini dell’Europa. E in tutto questo il ruolo dell’arte qual è? Quello di non rifiutare il presente e di permettersi di considerare le crisi e le problematiche di […]
Tempi complessi, tempi di tragedie immani, tempi schiacciati dalla cronaca quotidiana di un tema ricorrente: l’esodo di migliaia di rifugiati e richiedenti asilo, in fuga verso i confini dell’Europa. E in tutto questo il ruolo dell’arte qual è? Quello di non rifiutare il presente e di permettersi di considerare le crisi e le problematiche di stretta attualità, con il linguaggio che più le è affine. Lo sta facendo da un paio d’anni l’artista torinese BR1, attraverso numerosi interventi di arte pubblica su cartelloni pubblicitari, installazioni e performance di carattere socio-politico, con un particolare interesse per le questioni di identità femminili in Medio Oriente e nelle società mediterranee, in virtù anche della sua laurea in legge islamica, con una tesi proprio sul velo. Uno dei suoi ultimi lavori è legato alla residenza svolta sulla costa orientale del Marocco con kahinarte, un progetto di integrazione e trasformazione sociale dei residenti dei Distretti IV e V della Città Autonoma di Melilla, nato da un’idea dell’antropologo Francesco Bondanini e finanziato dall’Instituto de las Culturas della città.
BR1 – EL GIGANTE DE MELILLA from BR1 on Vimeo.
LUOGHI/NON LUOGHI LUNGO I CONFINI EUROPEI
In questa enclave spagnola, caratterizzata da una recinzione di 6 metri d’altezza che sorveglia e impedisce l’ingresso di numerosi immigrati provenienti dall’entroterra marocchino, BR1 ha fatto danzare per la prima volta il suo El Gigante de Melilla: una creatura di cartapesta fatta costruire a mano durante la residenza artistica, che si riallaccia alla tradizione mediterranea della figura grottesca del colosso, simbolo di tutte le paure. “La danza del mio Gigante non è altro che un momento di divertimento per le strade di Melilla”, ha spiegato l’artista, “e dovrebbe suggerire la storia di un uomo appartenente alla comunità nomade Issawa, che è riuscito a oltrepassare la recinzione di confine e simbolicamente è venuto a ballare in Europa per demolire la xenofobia. Quella paura che oggi tormenta tanti europei, probabilmente perché hanno paura di sperimentare la stessa miseria e umiliazione che i migranti provano ogni giorno”. Ma la danza del Gigante non ha intenzione di arrestarsi: “continuerà in tutti quei luoghi/non luoghi lungo i confini europei, dove muri e recinzioni si sono opposti al passaggio umanitario”.
– Claudia Giraud
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