Il sassolino nella scarpa. Dopo Renzo Arbore al Macro Testaccio, ora arriva Tinto Brass al Vittoriano. E l’inverno culturale di Roma non si ferma più
Vogliamo essere ottimisti: e pensare che dietro a una politica culturale che continua a inabissarsi nelle profondità oceaniche del relativismo più populista, senza apparentemente mai toccare il fondo, come quella che da tempo capita di incontrare nella Capitale d’Italia, non ci sia l’inadeguatezza di amministratori e funzionari, non ci sia l’assoluta mancanza di strategia, non […]
Vogliamo essere ottimisti: e pensare che dietro a una politica culturale che continua a inabissarsi nelle profondità oceaniche del relativismo più populista, senza apparentemente mai toccare il fondo, come quella che da tempo capita di incontrare nella Capitale d’Italia, non ci sia l’inadeguatezza di amministratori e funzionari, non ci sia l’assoluta mancanza di strategia, non ci sia l’oblio di operare in una città che dovrebbe competere con le grandi capitali del mondo, anche in fatto di mostre. No, deve esserci banalmente la poca dimestichezza con il linguaggio burocratico. Per cui quando le direttive parlano di “sostenibilità” degli eventi espositivi, a Roma la traduzione è la seguente: costo zero, meglio anzi se remunerativi, pubblico garantito dal tema pop.
UNA SPENDING REVIEW INDISCRIMINATA
La cultura DEVE essere finanziata dalle istituzioni pubbliche, per essere libera di ricercare la qualità: lo è sempre stata nella storia, fin da quando i grandi geni del Rinascimento passavano da una corte papale a un casato nobiliare, per poter realizzare i propri capolavori. La cultura è l’unico ambito nel quale è indispensabile – con il dovuto rigore di controlli e meritocrazia, ovviamente – l’assistenzialismo pubblico. Non l’hanno capito i governi del rigore, che da Monti in giù hanno messo in atto una spending review – virtuosa in generale, sia chiaro – indiscriminata, togliendo ossigeno a politiche culturali già gravate dalle liturgie tipicamente italiche.
PARTITA PERSA CON PARIGI E LONDRA
E il risultato è quello che si vede oggi – simbolicamente – a Roma. Mentre le grandi capitali europee mettono in campo grandi eventi espositivi, da Klee al Centre Pompidou di Parigi a Georgia o’ Keeffe e David Hockney a Londra, per fare qualche esempio, dalla Città Eterna giunge l’annuncio che il Complesso del Vittoriano, uno degli spazi più prestigiosi della città, ospiterà una mostra dedicata a Tinto Brass. “Foto, oggetti di scena, documenti inediti, lettere, sceneggiature, copioni, manifesti e costumi”. Non dubitiamo che il regista meritasse un evento del genere, ma forse lo si sarebbe dovuto tributare in uno spazio più adeguato: e soprattutto questa mostra non avrebbe dovuto colmare la quasi totale assenza di eventi di maggior prestigio. Se si considera che il Macro Testaccio conta fra gli ultimi eventi proposti uno dedicato alla squadra della Roma, uno al pur grande Renzo Arbore, il quadro si delinea un po’ meglio. E poco servono a risollevare la situazione le Scuderie del Quirinale o il Maxxi, che ogni tanto quanche discreta mostra la apparecchiano…
– Massimo Mattioli
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