Lo Strillone: Stefano Bartezzaghi e il tormentone Petaloso su La Repubblica. E poi Piero della Francesca a Forlì, Giulio Turcato a La Spezia
“Tweet dopo tweet, il neologismo è andato in testa ai trend del giorno. Basterà per entrare nel vocabolario?”. Il soggetto, ovviamente, è l’ormai popolarissimo “Petaloso”: e La Repubblica riflette sul fenomeno diventato virale affidandosi ad un linguista postmoderno e spesso anzi futurista come Stefano Bartezzaghi. La storia? “La maestra ha assegnato il compito di definire […]
“Tweet dopo tweet, il neologismo è andato in testa ai trend del giorno. Basterà per entrare nel vocabolario?”. Il soggetto, ovviamente, è l’ormai popolarissimo “Petaloso”: e La Repubblica riflette sul fenomeno diventato virale affidandosi ad un linguista postmoderno e spesso anzi futurista come Stefano Bartezzaghi. La storia? “La maestra ha assegnato il compito di definire cosa sia un fiore. Per Matteo è stata questa l’occasione di dire che per lui i fiori sono ‘petalosi’. Alla maestra il neologismo è tanto piaciuto che l’ha sottoposto all’Accademia della Crusca. Pronta, e simpatica, la risposta: la parola è bella, coniata secondo modelli di derivazione perfettamente italiani (come da pelo, peloso) ma per entrare nel vocabolario deve essere usata spontaneamente da tanti parlanti”. La conclusione di Bartezzaghi? “Caro Matteo di Copparo, prima che un pubblicitario usi ‘petaloso’ deposita il marchio. Nel mondo a cui ti affacci si usa così”. Ne parlano un po’ tutti i giornali, da La Stampa (“Conta il guizzo inventivo e momentaneo di quel ragazzo, per il quale scrivere resterà certamente, anche in futuro, ricerca e conquista, come lo è stato pure per i grandi scrittori”) a Il Resto del Carlino (“solo a metà pomeriggio di ieri erano stati registrati 27mila tweet ‘petalosi’”).
Giornata di recensioni: su Libero Vera Agosti torna a Forlì per parlare della mostra Piero della Francesca. Indagine su un mito, ospitata presso i musei di San Domenico a sino al 26 giugno. “Purtroppo, la mostra racconta assai poco di Piero della Francesca, concentrandosi maggiormente sul suo ascendente artistico. La sua biografia non è ricca, per scarsità delle fonti, ma, a beneficio del pubblico meno esperto, che potrebbe trovare la mostra ostica e difficilmente comprensibile, sarebbe stato opportuno descrivere i suoi capolavori e narrare qualche dettaglio in più della sua vita”. Il Corriere della Sera con Sebastiano Grasso va invece a La Spezia per raccontare l’astrattismo fantasioso di Giulio Turcato esposto al Camec: “75 lavori, dal 1945 (Natura morta con pesci) al 1991 (Cangiante giallo, rosa) che tratteggiano la sua avventura pittorica. Cubista a modo suo, informale, astratto trova la sua strada quando, assieme ad Accardi, Consagra, Dorazio, Perilli e Sanfilippo, va alla ricerca dell”originale purezza della forma’ (la forma del limone e non il limone) e confluisce nel gruppo di Forma 1”.
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