Ripartono i Martedì Critici a Roma. Con Ninì Santoro, l’essenzialità della scultura e l’energia dell’incisione di un maestro del secondo Novecento
“Una scultura di vibrazione insopportabile, orrenda di fissazioni improvvise, o a volontà o irrimediabilmente pazzia e impassibilità e dottrina verificata, costituita di attrazioni di strutture contratte come di chi tenda un arco, spaccato da scatti fulminei, vivificati all’eccesso da una fermezza irremovibile di aculei d’un ventaglio agitati a promuovere un infinito, per assurdità, gigantismo d’un […]
“Una scultura di vibrazione insopportabile, orrenda di fissazioni improvvise, o a volontà o irrimediabilmente pazzia e impassibilità e dottrina verificata, costituita di attrazioni di strutture contratte come di chi tenda un arco, spaccato da scatti fulminei, vivificati all’eccesso da una fermezza irremovibile di aculei d’un ventaglio agitati a promuovere un infinito, per assurdità, gigantismo d’un istrice volante”. Con queste parole ispirate, nell’innesto tra critica d’arte e scrittura poetica, Giuseppe Ungaretti descriveva, nel 1968, il lavoro di Pasquale “Ninì” Santoro (Ferrandina – Matera, 1933), maestro nel campo della scultura, della pittura, dell’incisione, affermatosi negli anni Sessanta col sostegno di alcuni tra i maggiori critici e storici del tempo, da Marisa Volpi a Palma Bucarelli, da Lionello Venturi a Giulio Carlo Argan. A lui è dedicato il primo appuntamento della nuova serie dei Martedì Critici, format fortunatissimo e longevo, ideato da Alberto Dambruoso e giunto al suo settimo anno d’età. Si riparte da Roma, città d’origine del ciclo di art talk, sul palco della Sala Cinema del MACRO.
E sarà lui, Ninì Santoro, a raccontare del suo lungo percorso nell’arte, fortemente proteso al dialogo con altri linguaggi creativi, col lavoro di altri artisti, scrittori, musicisti. Un’indagine complessa, animata da vibrazioni intellettuali e da un certo slancio lirico: mai mellifluo, mai crepuscolare, né saturnino, né introspettivo o surreale. L’incisione come energia vulcanica, tra serialità ed immediatezza espressiva; la scultura come essenzialità e infinito dinamismo.
TRA I FONDATORI DEL GRUPPO UNO
Una tensione diurna, un rigore tutto mentale, muovevano fin da subito il piano dell’emozione, persino dello spirito. Ed era un fatto di esplorazioni ritmiche e spaziali, tra segno, forma, colore, mentre l’astrazione si faceva allucinazione luminosa e la natura tornava ad essere scansione, processo, non più figura. Qualcosa che riguardasse la condizione dell’esistenza, la struttura del mondo e il mistero dell’immagine come riflesso del pensiero.
Tra i fondatori del Gruppo Uno, nel 1962, insieme a Biggi, Carrino, Frascà, Pace e Uncini, Santoro lavorò insieme ai suoi compagni d’avventura in direzione del superamento dell’informale, abbandonando dopo poco tempo quel sodalizio. Approdato in quello stesso anno alla Biennale di Venezia – dove sarebbe tornato nel 1966 e nel 1976 – illustrò nel ‘68 “Il dolore” di Ungaretti, con trentasei incisioni su legno (una copia in teca d’argento, donata a Paolo VI, si trova Musei Vaticani); si confrontò con i capolavori di Piranesi, realizzando la serie “I cieli di Piranesi”; illustrò con le sue incisioni poemi di Apollinaire, Baudelaire, Garcia Lorca, Quasimodo; indagò l’enigma della prospettiva, partendo dal celebre dipinto “La Battaglia di San Romano” di Paolo Uccello; dedicò delle acquefroti al romanzo di Thomas S. Eliot, “Four Quartets”, e si ispirò, per alcuni lavori, a musicisti come Cajkovskij e Vivaldi. Eclettismo, passione e ricerca pura, riconosciuti da diversi musei internazionali, attraversando la linea della storia per suggerire, come scrisse la Volpi, “un modo quasi sonnambulico di uscita dall’angoscia del tempo”.
– Helga Marsala
I Martedì Critici – Ninì Santoro
a cura di Alberto Dambruoso e Claudio Crescentini
Martedì 5 aprile 2016, ore 17.30
MACRO – Museo d’Arte Contemporanea Roma
Sala Cinema, via Nizza 138
Ingresso libero fino a esaurimento posti
http://imartedicritici.com/
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