Il vivaio di Gea Casolaro, nella valle dell’amianto. L’artista vince il bando di Casale Monferrato per il Parco Eternot
DOPO L’ETERNIT. IL RISCATTO DI CASALE MONFERRATO L’ombra lunga dell’amianto incombe sui destini di Casale Monferrato. Dopo la chiusura dello stabilimento Eternit, nel 1986, la catastrofe non si è arrestata. Da allora sono migliaia, in tutta Italia, le vittime colpite dal mesotelioma pleurico, che è un male subdolo, lento, con tempi di latenza lunghissimi. Tanti […]
DOPO L’ETERNIT. IL RISCATTO DI CASALE MONFERRATO
L’ombra lunga dell’amianto incombe sui destini di Casale Monferrato. Dopo la chiusura dello stabilimento Eternit, nel 1986, la catastrofe non si è arrestata. Da allora sono migliaia, in tutta Italia, le vittime colpite dal mesotelioma pleurico, che è un male subdolo, lento, con tempi di latenza lunghissimi. Tanti hanno pagato e tanti ancora pagheranno, di qua al 2020, anno in cui si prevede il picco delle morti. Ma anche l’anno che, secondo quanto assicurato dalle Istituzioni, vedrà Casale Monferrato libera. Bonificata da cima a fondo, finalmente.
Intanto, questa cittadina in provincia di Alessandria, al centro delle cronache da decenni, non abbassa la guardia e non rinuncia a un’idea di futuro. Tutto da immaginare, tutto da costruire. Rimarginando ferite, non dimenticando le responsabilità, arginando il male residuo.
E anche l’arte ha un suo piccolo ruolo, come sempre accade quando il piano del sociale diventa orizzonte ulteriore, sfida culturale.
UN BANDO, CINQUE PROGETTI, UN MONUMENTO
Da queste premesse è nato un bando, finalizzato alla produzione di un’opera d’arte pubblica per il costituendo Parco Eternot, l’area in cui sorgeva la fabbrica degli orrori: un sito attualmente in fase di bonifica e riqualificazione, che presto – convertito in parco – verrà restituito alla città. Uno spazio carico di memoria, simbolo del disastro ma anche della trasformazione, del riscatto collettivo.
“L’intero progetto mette al centro la ‘qualità’ delle relazioni, della vita, delle opere, sia come obiettivo che come metodo”, ha spiegato l’Assessore alla Cultura e curatrice dell’iniziativa, Daria Carmi. “Abbiamo composto un progetto altamente sostenibile, innovativo soprattutto nella concezione del ruolo dell’artista”.
I nomi selezionati? Sulle 90 candidature giunte da tutta Europa sono stati scelti Luca Vitone, Gea Casolaro, Luigi Coppola, il collettivo Fare Ala, Fabrizio Bellomo e Nico Angiuli. Dall’11 al 20 marzo 2016 i finalisti hanno trascorso un periodo di residenza sul posto, con l’obiettivo di raccogliere testimonianze, stabilire rapporti con i residenti, perlustrare ex architetture industriali, catturare memorie dei luoghi e della comunità. E mettere a punto un’idea. Le proposte, per la creazione di un monumento che incarnasse storia, valori e speranze della città, sono state presentate al pubblico lo scorso 22 aprile ed esposte fino al 1 maggio tra le sale del Castello di Monferrato. E solo dopo un serrato confronto con la cittadinanza, di cui sono state raccolte impressioni, motivazioni, desideri, spunti critici e domande, la decisione è arrivata: a scegliere sono stati i vari soggetti del network ArtinReti, attivo in Piemonte nella sfera dell’arte pubblica e coinvolto in tutte le fasi del progetto.
UN VIVAIO PER IL PARCO ETERNOT
Vincitrice è Gea Casolaro, con l’opera Vivaio Eternot. Saranno delle piantine di Davidia involucrata, nota come Albero dei Fazzoletti, a sbocciare là dove vennero prodotte fibre d’amianto: la vita che germoglia, nei luoghi che furono della morte e dell’insidia. Vita a cui dedicare tempo e tenacia, proprio come gli abitanti di Casale hanno fatto e continuano a fare, in direzione della liberazione.
Poetica, visionaria, concettualmente rigorosa, l’opera di Casolaro si inserisce nella linea tragica del tempo che ha scandito queste zone: tempo della paura, della malattia, della lotta, dell’infinito scontro giudiziario, della disillusione, del lutto. Tempo che diventa qui fioritura, amorevolezza, cura. L’immagine futura di un giardino, ornato di centinaia di petali come fazzoletti bianchi.
– Helga Marsala
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