Anish Kapoor in mostra a Napoli da Casamadre. La nostra intervista in anteprima
Un incontro con Anish Kapoor, in occasione dell'inaugurazione della sua personale da Casamadre, lo spazio partenopeo voluto da Eduardo Cicelyn. Una chiacchierata con lo scultore angloindiano, a proposito dell'arte, come infinito ventaglio di possibilità
“Il mio più grande problema è disimparare ciò che so, ed è ciò che non so, ciò che rischio di scoprire, ciò che rischio nel non sapere, a consentire l’apertura della possibilità”. Parla così Anish Kapoor (Mumbai, 1954): intervistarlo significa dimenticarsi di parlare con un artista. E, inavvertitamente, scivolare nella consapevolezza di essere innanzi all’Arte stessa in atto, ad un processo artistico in fieri: acceso nella continua mutevolezza dei suoi occhi e gesti, pronti a inseguire i vissuti evocati e innescati da domande in cui si immerge con generosa curiosità.
SPALANCARE LA POSSIBILITÀ
Animato da improvvisi lampi di gioia – la gioia dell’arte e dell’immensa libertà aperta dal vuoto attorno a cui l’artista plasma ogni sua opera – Kapoor racconta dell’inebriante caduta libera nel “rischio di non sapere” e di “spalancare la possibilità”, in cui abbandonarsi a occhi chiusi, consegnandosi tra le braccia di “oggetti che invitano a una forma di partecipazione che aiuta a comprendere qual è la parte mancante, senza dare risposte, ma aprendo potenzialità”. Eterne e acroniche, come gli archetipi, percezioni ed emozioni di cui le opere di Kapoor sono ambientazione e generazione. Ma quale atteggiamento può aiutare l’osservatore a guardar meglio dentro a questo vuoto, e a questa potenzialità? E per ricercare quali archetipi, percezioni, emozioni? Che rapporto può innescarsi tra arte e tecnologia e, in ultima analisi, qual è la forza che genera l’arte? Nelle ore dell’attesissimo opening della sua prima personale da Casamadre, Anish Kapoor si racconta ad Artribune…
– Diana Gianquitto
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