Londra: Sculpture in the City, opere contemporanee tra i grattacieli
Giunto alla sesta edizione e con opere in aumento, il programma di sculture all'aperto della City di Londra propone punti di vista alternativi tra le vedute verticali della capitale britannica. E quest'anno la quota italiana è più presente che mai
È uno dei quadrilateri architettonicamente più iconici della capitale britannica, tra grattacieli come il 30 St Mary Axe di Norman Foster, il Leadenhall di Richard Rogers, e il 20 Fenchurch Street di Rafael Vinoly, affettuosamente ribattezzati dai londoners, rispettivamente, come Gherkin, Cheese Grater e Walkie-Talkie. Da sei anni a oggi, la municipalità della City of London fa dialogare i suoi simboli architettonici con diverse sculture contemporanee. A firma di diciotto artisti, le opere, quest’anno posizionate in venti postazioni lungo lo Square Mile, spuntano come di consueto all’ingresso degli edifici, all’incrocio delle arterie principali dell’area, o in angoli appartati, legando idealmente le architetture più recenti a luoghi suggestivamente carichi di storia: l’acciaio e il vetro degli edifici sorti negli ultimi decenni convivono qui con mattoni e acciottolati, come quelli che abbracciano il Leadenhall market, antico mercato della City, risalente al quattordicesimo secolo.
LE SCULTURE NELLA CITY
Accompagnano la passeggiata, tra crocicchi ridisegnati dal tempo, artisti noti al grande pubblico per curriculum, come Anthony Caro, Jaume Plensa, William Kentridge, per i quali l’acciaio, quando si tratta di opere di dimensioni monumentali, rimane il materiale prediletto. Così come il bronzo, usato da Giuseppe Penone, che posa uno dei suoi alberi irti a sorreggere pietre in sospensione in uno degli scorci più suggestivi dell’area, totem in gara con le vette architettoniche circostanti.
Il mondo naturale è inoltre richiamato da due sculture di Sarah Lucas, le maggiori per dimensioni tra le opere disegnate dall’artista, astutamente posizionate lungo le strade che portano al Gherkin; e da un’intallazione virtuale firmata da Petroc Sesti, all’ingresso di un altro grattacielo, il St. Helen’s. Qui, trentacinque metri quadri di pannelli a LED mostrano, senza sosta, dodici mesi della turbolenta attività sulla superficie del sole.
UNA MONUMENTALITÀ DISCRETA
Diversamente, usando una tecnologia meccanica, ma ugualmente finalizzata a creare un effetto ottico, dato per movimento, Mat Collishaw porta in strada uno zootropio, strumento annoverato tra i primi esempi di protocinema: una lanterna popolata da piccole sculture in forma di farfalle, animate per effetto cinetico. Gli italiani Enrico David e Benedetto Pietromarchi riflettono similmente, con linguaggi diversi, su una monumentalità altrettanto dimessa, intima, perfino precaria.
Un’occasione per vedere diversamente uno dei cuori di Londra, metropoli dove la monumentalità delle torri della finanza convive con la temporaneità di molte rassegne d’arte (oltre a diversi festival, tra i luoghi e progetti di successo, il Fourth Plinth di Trafalgar Square, Art on the Underground, il parco di sculture di Frieze). L’architettura resta e l’arte passa, sempre più veloce.
‒ Elio Ticca
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