Crowdsourcing al Museo Egizio di Torino. Gli archivi saranno condivisi online e le collezioni riprodotte in 3D

Il Museo Egizio è il primo museo italiano ad aderire alla piattaforma di crowdsourcing archeologico MicroPasts, con un’applicazione per creare modelli 3D delle sue collezioni

Dopo il crowdfunding è arrivato il tempo del crowdsourcing: con la stessa logica della raccolta fondi, si cercano informazioni e servizi online da gruppi numerosi di persone richiedendo a ciascuna di esse un contributo individuale relativamente piccolo.
Ne sa qualcosa il Museo Egizio di Torino che ha recentemente aperto la ricerca scientifica al pubblico, utilizzando proprio i nuovi strumenti di partecipazione offerti dalla tecnologia. Coerente con la nuova visione del suo direttore Christian Greco che pone al centro la ricerca, intesa come elemento fondamentale per la conoscenza, l’interpretazione e la divulgazione, il museo torinese si è alleato con l’Istituto di Archeologia di University College London (UCL) per portare il crowdsourcing archeologico in Italia.

SHARING ARCHEOLOGY
Per farlo, si è servito di MicroPasts, la prima piattaforma tematica dedicata al crowdsourcing in archeologia, sviluppata a partire dal 2013 da UCL (la prima istituzione per lo studio della Public Archaeology in Europa) e British Museum. Finora, oltre 2000 persone si sono servite della piattaforma per contribuire alla creazione di open data archeologici di vario tipo, tra cui la trascrizione e geo-referenziazione di un archivio contenente circa 30mila schede di documentazione di manufatti in metallo rinvenuti principalmente nel Regno Unito, a partire dalla fine del 18esimo secolo.

Nuovo Museo Egizio di Torino

Nuovo Museo Egizio di Torino

MODELLI IN 3D
Il Museo Egizio è, così, il primo museo italiano ad aderire a questa piattaforma, con un’applicazione per la realizzazione di modelli 3D attraverso un processo di photomasking di oggetti appartenenti alle proprie collezioni, a cominciare dal cofanetto dello Scriba Regale e Sovrintendente al Palazzo, Djehuty-hotep, a cui seguiranno altri reperti differenti per materiale e tipologia. “I modelli 3D ottenuti con questa metodologia” – spiega Paolo Del Vesco, egittologo del Museo Egizio e responsabile del progetto – “offrono differenti utilizzi sia a livello scientifico che didattico e la disponibilità di una stampante 3D offre a chiunque la possibilità di ottenere una riproduzione fedele all’originale. Grazie all’aiuto di chiunque voglia partecipare al progetto sarà possibile offrire a tutti un nuovo modo di fruire dei reperti del Museo Egizio”. Per contribuire è possibile partecipare collegandosi direttamente alla piattaforma di Micropasts o collegandosi alla sezione dedicata sul sito del museo torinese.

http://research.micropasts.org/

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Redazione

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