Chi non abbia nozioni almeno basilari di fisica teorica, teoria delle probabilità o meccanica quantistica, rischia di abbandonare presto Luca Pozzi (Milano, 1983) sui meandri scientifici e ipertecnologici che pressoché sempre fanno da sostrato ai diversi filoni della sua opera. Ma la rinuncia è perdonabile, visto che priva l’osservatore di una lettura pedissequa e un po’ didascalica che è solo una, e sicuramente non la privilegiata, di quelle possibili. Già, perché l’artista lombardo innesta le sue ricerche – che a volte conduce su trattati molto antichi – nel quadro delle interminabili connessioni fra arte e scienza: come nella sua storica serie The Supersymmetric Partner, dove dialogava con 9 opere di Paolo Veronese, o come nella mostra The Messengers of Gravity, allestita lo scorso anno al Museo Ettore Fico di Torino, con tre opere pensate appositamente per gli spazi del museo e frutto di una collaborazione diretta tra l’artista e i ricercatori del CMS Experiment del CERN di Ginevra.
COLLABORAZIONE CON LA COMUNITÀ DEL CERN DI GINEVRA
E proprio l’ormai lunga collaborazione con la comunità del CERN è alla base di Discovery and Premonition, la prima mostra personale di Pozzi alla Alexander Levy Gallery di Berlino: esperienza poi metabolizzata – svela lo stesso artista nel testo che accompagna la mostra – dalla sua analisi delle modalità comunicative di un media come Discovery Channel. Il pubblico del seguitissimo canale resta limitato, nell’accesso alle tematiche seguite, dalla barriera creata da un televisore, o dallo schermo di un pc: lui quindi cerca di veicolare contenuti scientifici con i mezzi della sua arte. Fino al 30 luglio sono in mostra in Germania opere – o serie – come Wilson Tour Loading , Detector, Hawking Radiation, Oracle Blue Windows: noi ve le mostriamo nella fotogallery…
– Massimo Mattioli
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