Un posto difficile per vivere. Ecco cos’accade nella Turchia post-golpe. Testimonianze di artisti e curatori
Ancora cattive notizie dalla Turchia. Arrestata la pittrice Zehra Doğan. E Vasif Kortun, storico curatore e direttore del SALT racconta le difficoltà di portare avanti un'istituzione liberamente
La storia di Zehra Doğan, pittrice e giornalista, è solo l’ennesima riprova di come il governo Erdogan in Turchia stia mostrando il pugno di ferro in maniera davvero incisiva contro il mondo della cultura e dell’istruzione, universitaria e non. Tra le storie che giungono a noi c’è quella di Zehra, come riporta The Art Newspaper, accusata di avere legami con il gruppo militante che lotto per i diritti dei curdi. Le prove? La sua arte.
Doğan, editor della agenzia di stampa femminista curda Jinha è stata arrestata per propaganda ad una organizzazione terroristica e sarà presto inviata a processo. Ma l’artista non è l’unica vittima dell’atroce periodo post golpe: sono tre le agenzie di stampa che sono state chiuse, sedici i canali televisivi, quarantacinque i giornali, quindici le riviste e ben quarantasette i giornalisti arrestati.
“È diventato davvero un posto difficile per vivere” ha commentato Vasif Kortun, direttore del magnifico certo SALT per le arti contemporanee ai microfoni dell’agenzia AFP. “Soprattutto per la pratica artistica, che ha bisogno di esercitare la libertà di parola.” Tutti gli artisti intervistati da AFP dicono di non essere d’accordo con il tentato golpe del 15 luglio.
UN POSTO DIFFICILE PER VIVERE
Ed ecco, alcune testimonianze tra quelle raccolte dalla Agenzia di stampa francese. “La società è diventata molto aggressiva” ha commentato un’artista che è voluta rimanere anonima. “Non voglio nessun colpo di stato in questo paese” dice l’artista e scrittrice 43enne Pinar Ogrenci. “So come può essere crudele e pericoloso, quando sono i militari a prendere il potere.”
Nazim Dikbas, che ha tradotto in turco le opere di Nabokov e in inglese il lavoro di Pamuk, ha spiegato che “la Turchia aveva già molti problemi riguardo alla libertà di espressione. Il governo stava già imprigionando giornalisti, intellettuali e difensori dei diritti umani. Pensare che la cosa si sarebbe risolta dopo il tentativo di colpo di stato è sbagliato”.
Questo tipo di pressioni, che hanno afflitto il mondo della cultura anche un anno prima del tentativo di putsch, possono essere esercitate anche nei confronti di una grande organizzazione come il SALT.
CHI FINANZIA LA CULTURA
“Ad esempio” spiega ancora Kortun “un agente di polizia in borghese può arrivare mentre stai proiettando un film e dire: perché stai mostrando un’opera che mette in scena guerriglieri curdi? Tu puoi protestare, dire che è legale, ma prima o poi ti diranno di non farlo mai più. Ciò che voglio dire è che se anche tu lavori all’interno dell’istituto per proteggere le nuove idee, non si è comunque al sicuro”. E c’è anche un’altra preoccupazione: che i finanziamenti dall’Europa vengano decurtati. Questo comporterebbe lasciare che il finanziamento e il sostegno dell’operato degli artisti sia unicamente una questione per i donors locali, ormai molto conservatori e vicini al governo. Con conseguenti ulteriori problematiche per la libertà d’espressione.
-Santa Nastro
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