Quando la denuncia diventa virale. È trascorsa una settimana da quando l’artista di Los Angeles Tuesday Bassen ha postato su Instagram una grafica che metteva a confronto delle sue creazioni con alcune produzioni del famoso brand spagnolo Zara. L’accusa di plagio, suffragata anche dall’effettiva somiglianza tra le opere e gli oggetti in questione, ha scatenato, grazie anche all’enorme diffusione che ha avuto attraverso i canali social, l’attenzione di molti altri artisti.
Il risultato? Sono ben 40, come riporta anche il blog Hyperallergic in un articolo di Carey Dunne, ad oggi, i colleghi che hanno individuato somiglianze tra il proprio lavoro e alcune stampe proposte nei capi d’abbigliamento del marchio Zara e che hanno quindi accusato l’azienda di plagio, al momento – però – solo attraverso gli strumenti della comunicazione online, senza formalizzare la denuncia. Ne è nato il sito Shop Art Theft, fondato da Adam J. Kurtz, uno degli artisti, amico della Bassen, che si sente“copiato”.
DA ZARA A LADY GAGA. LA SCONFITTA DI ORLAN
Lo statement introduttivo recita: Una volta è un errore. Quando si ripete non ci sono scuse. Il brand Zara sembrerebbe aver “rubato” dozzine di opere d’arte di illustratori, designers e di altri marchi indipendenti. Aiutaci ad obbligare la società ad assumersi le proprie responsabilità e ad affrontare direttamente questa clamorosa violazione della proprietà intellettuale, ricompensando gli artisti che l’hanno subita.
Insieme a Bass e Kurtz, ci sono Gabriella Sanchez, Georgia Perry, Will Bryant, Ivonna Buenrostro e molti altri ancora: il sito offre per i più scettici l’opportunità di comparare l’oggetto in questione con l’opera d’arte.
E mentre la notizia fa il giro del mondo, anche per la body artist Orlan si parla di plagio, questa volta subìto. La “copiona” sarebbe nientemeno che l’icona pop Lady Gaga. Il caso, partito nel 2013, incriminava la cover dell’album Born this Way e il video annesso. Orlan aveva chiesto alla cantante 31,7 milioni di dollari, il 7,5 % delle royalties dell’album. Ma la corte non le ha dato ragione: secondo il foro francese il giudizio su un’opera d’arte concettuale non può essere limitato agli elementi fisici che la costituiscono, ma deve guardare al messaggio. Ecco perché l’artista dovrà pagare 20mila euro coprendo i costi dei procedimenti civili di Lady Gaga e della sua casa discografica. Ma Orlan ha già fatto sapere che ricorrerà in appello, come riporta il sito americano Artnet.
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