11 settembre: il New York Times cerca i ritratti delle ultime sette vittime degli attentati per completare l’installazione del Memorial Museum
Quindici anni dopo l’attentato alle Torri Gemelle, all’installazione fotografica che al National September 11 Memorial Museum ricorda le vittime mancano ancora sette ritratti. E il maggiore quotidiano della città lancia l’appello
C’è una foglia di quercia, simbolo di forza e grandezza, in mezzo ai quei quasi tremila volti che da quindici anni esatti ci ricordano il momento esatto in cui il mondo è cambiato. Non per una volontà particolare, ma per scelta obbligata: perché non si poteva fare altrimenti. Quella foglia di quercia è associata al nome di Kerene Gordon, nata a Kingston(Giamaica) nel 1958, dipendente di una delle aziende di catering che la mattina dell’11 settembre 2001 erano all’opera all’interno del World Trade Center per sfamare le centinaia e centinaia di impiegati che come ogni giorno formicolavano dentro e fuori i grattacieli. Di Kerene si sa molto, perché la tracciabilità dei dati sensibili lascia segni incancellabili su questo o quel database; ma per assurdo, di lei morta prima della nascita di Facebook, non si conosce il volto.
L’INSTALLAZIONE AL MEMORIAL MUSEUM
È il New York Times a sollevare la questione legata ai missing che spuntano sulla grande installazione che all’interno del National 9/11 Memorial Museum ricorda tutte le vittime degli attacchi alle Twin Towers e al Pentagono: una grande stanza tappezzata con 2.983 riquadri di 13×18 centimetri, disposti su 12 file di 250 colonne, riempite con i fotoritratti di tutti coloro che hanno perso la vita negli attacchi. Una parcellizzazione del dolore che rende l’idea di come nella cultura americana sia basilare l’equilibrio tra individualismo e collettività: “non siamo per le statistiche astratte” ha infatti dichiarato al maggiore quotidiano della città il curatore capo del museo, Jan Seidler Ramirez, “siamo per onorare una per una tutte le persone che quel giorno sono state uccise, creando un’opportunità per gli amici e le famiglie di rivedere i volti che hanno amato”. Da qui una ricerca che si è fatta negli anni ossessiva, con le centinaia di ritratti sostituiti nel corso del tempo con fotografie a risoluzione sempre migliore; con le indagini per rintracciare i cari di persone di cui non era possibile avere un’immagine; ma anche con il doveroso rispetto per chi – sono tre i casi su quasi tremila – ha declinato l’invito, scegliendo di vivere il lutto per la perdita nel più stretto riserbo.
LA CAMPAGNA DEL NEW YORK TIMES
A quindici anni dagli attacchi e al netto dei dinieghi, restano quindi solamente sette i volti da rintracciare. Sette le identità che il New York Times racconta in un toccante articolo di David W. Dunlap e Susan C. Beachy, per dovere di cronaca e perché – guai ad escluderlo – qualcuno leggendolo possa fornire informazioni utili su Gregorio, Michael, Wilfredo, Albert, Ching, Antonio e ovviamente Kerene. Contribuendo a sostituire con un sorriso e uno sguardo quelle sette foglie di quercia.
– Francesco Sala
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