Le emoticon sono ormai una componente fondamentale del linguaggio quotidiano. Vengono utilizzate in tutte le comunicazioni scritte in via telematica per sottolineare stati d’animo, intonazioni, sentimenti. Nate come semplici combinazioni di simboli sulla tastiera, si sono poi trasformate nelle faccine gialle che conosciamo. Nel 1999 sono poi arrivate le emojis: non più soltanto espressioni del viso, ma anche decine di simboli di vario genere, destinati da principio alle aziende e poi atterrati sui telefonini di tutti, specialmente in corrispondenza con l’ascesa delle app di messaggistica istantanea come Whatsapp e Messenger.
L’importanza culturale di questi “oggetti” ha portato il Museum of Modern Art di New York a decidere di inserirli nella propria collezione permanente: la serie di 176 simboli disegnati dal giapponese Shigetaka Kurita per la compagnia telefonica NTT DoCoMo sarà infatti in mostra nell’atrio del museo su una serie di monitor. La curatrice del dipartimento Architettura e Design del MoMA, l’italiana Paola Antonelli, prosegue così il suo innovativo processo di inclusione di artefatti digitali all’interno della collezione: risale al 2010 l’acquisizione del simbolo della chiocciola (@) e al 2014 quello di 14 videogame, tra cui i leggendari Pong e Tetris. “In un certo senso”, ha spiegato, “quello che abbiamo acquisito è una nuova piattaforma di comunicazione. Ma allo stesso tempo, le emoji sono ideogrammi, e dunque una delle modalità più antiche di comunicazione. Mi piace pensare a come i secoli siano connessi tra loro in questo modo.”
– Valentina Tanni
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