Werner Herzog alla Festa del Cinema di Roma. Con un documentario dai tratti ironici

Una riflessione sul senso della vita travestita da documentario. Avete mai riso guardando National Geographic? Con il regista tedesco si può.

Dopo Lo and Behold e il documentario dedicato alla rivoluzione di internet, Werner  Herzog  rivolge il suo sguardo alla natura, entrando con la macchina da presa sin dentro la bocca di un vulcano, in  un viaggio di grande poesia e lucidità, collaborazione dichiarata tra arte (il regista) e scienza (il vulcanologo). Ciò che non era riuscito a Terrence Malick, cioè creare un parallelo tra cosmo e umanità, trova invece una forma compiuta nel magnifico Into the Inferno  prodotto da Netflix e appena presentato in Sala Sinopoli all’Auditorium Parco della Musica, nella cornice della Festa del Cinema di Roma. La forza ancestrale dei movimenti lavici e la potenza visiva del mare di fuoco è un modo per raccontare eventi naturali ma soprattutto umani, in un confronto a dire il vero poco neutrale e politicamente non corretto. Ci sono secoli di progresso e conoscenza, di sapere e saggezza – ed Herzog non ha paura di schierarsi –  tra Clive Oppenheimer, vulcanologo, co-autore dello script e protagonista del film (insieme al vulcano) e il capo del villaggio che si trova ai piedi del Sinabung. E non a favore del secondo, convinto insieme ai membri della sua tribù che a causare fuoco e lapilli siano gli spiriti dei morti e che il vulcano sussurri verità a pochi eletti, tra cui suo figlio e  suo fratello.

CI SI SPOSTA IN COREA DEL NORD
La stessa cosa accade in Corea del Nord, dove la mitologia di stampo comunista lega la figura del “caro leader” al vulcano Paektu, in un sincretismo curioso che fonde la propaganda e il culto laico di Kim Jong- il. Il cerchio si chiude poco distante da dove era iniziato, sempre in Indonesia, in cui un’altra tribù venera il culto di John Frum,  soldato americano che si narra essere piovuto dalle nuvole durante la seconda guerra mondiale, foriero di chewingum e altri gadget. Le immagini di sublime catastrofe presenti nel film e le ipotesi di una futura distruzione dell’intero pianeta ad opera di eruzioni violente quanto imprevedibili, tesi sposata per motivi differenti sia dal capovillaggio che dal vulcanologo, fanno pensare a un disfacimento reale e metaforico, opera della natura e dell’uomo.  Ed è la stessa voce off  di Herzog, in un epilogo pirotecnico,  a ricordarci che l’uomo è una creatura che si impegna ad andare avanti come può, ma alla lava che ribolle sotto i suoi piedi questo poco importa.

– Mariagrazia Pontorno

www.romacinemafest.com

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