Come ogni anno, Art Review pubblica la sua “Power 100”, la classifica delle persone più potenti del mondo dell’arte. In cima, in ascesa, c’è Hans Ulrich Obrist “istigator of global, networked art projects”; il suo nome oscilla tra le prime posizioni fin dal 2009. Al secondo posto Adam Szymczyk, direttore della prossima Documenta 14 – anche lui migliora la posizione -; terzo posto per Iwan & Manuela Wirth che invece scendono (l’anno scorso guidavano la graduatoria) come David Zwirner che si piazza al quarto posto. In questa lista compilata consultando un ampio campione di artisti, curatori, critici e giornalisti, tra i 100 ci sono 28 sono galleristi e dealer, 4 direttori di fiere, 24 direttori di musei e curatori, 22 artisti, 15 collezionisti e 7 tra curatori di spazi alternativi e altro; una donna ogni due uomini. Per quanto liste del genere lascino il tempo che trovano, appare evidente come i galleristi, in particolare quelli anglo-americani, condizionino il sistema. Dopo Wirth e Zwirner, ai primi posti ci sono ovviamente Larry Gagosian (6º), Marian Goodman (13º), Sprüth & Magers (14º), Pace (19º), Blum & Poe (25º), Gavin Brown (27º), i Lisson (28º) e Sadie Coles (31º).
AI WEIWEI AL DECIMO POSTO
I direttori-curatori più potenti sono quelli che guidano i musei con maggior appeal (e più risorse) del pianeta. Obrist e Szymczyk sono seguiti da Nicholas Serota e Frances Morris della nuova Tate (5º), Adam Weinberg del Whitney Museum (8º), Beatrix Ruff dello Stedelijk (11º), Glenn Lowry del MoMA (12º) e Massimiliano Gioni del New Museum, al 15º posto primo italiano (l’anno scorso era al 19º). I nostri connazionali sono quasi tutti in ascesa: Miuccia Prada al 45º (nel 2016 al 61º), Massimo De Carlo 64º (dal 72º), Patrizia Sandretto Re Rebaudengo 72º (dal 77º), e Cristiani-Fiaschi-Rigillo della Galleria Continua al 73º (gli unici tra gli italiani che scendono per quanto di poche posizioni). L’asse latino americano è presieduto da Patricia Phelps de Cisneros (21º, che è anche la prima collezionista della classifica) e dalle galleriste Kuri & Manzutto (32º) e Luisa Strina (57º). L’interesse per le vicende “African-American” è rappresentato soprattutto da Theaster Gates (molto significativo il suo 16º piazzamento), Okwui Enwezor (20º) e Thelma Golden dello Studio Museum di Harlem (e del board dell’Obama Foundation). C’è soprattutto l’oriente, con tanti protagonisti: tra i primi Ai Weiwei – che dal 2º posto scende al 10º, forse per la sue posizioni contraddittorie – Rirkrit Tiravanija (36º), i collezionisti Richard Chang (52º) e Adrian Cheng (54º), e i fondatori del Vitamin Creative Space (55º). La Sheikha Hoor AL-Qasimi (40º) e Christene Tohmé, direttrice della 13 Biennale di Sharjah, difendono l’arte contemporanea nel Golfo; il medio-oriente appare laterale.
JEFF KOONS IN DISCESA
Gli artisti che guidano la classifica sono soprattutto attivisti e teorici. La prima è Hito Steyerl, al 7º posto, in costante ascesa dal 2013 da quando è apparsa in questa classifica; poi Wolfgang Tillmans (9º), Ai Weiwei e Gates di cui si è detto, Pierre Huygue (24º), Jeff Koons (30º, in declino dalla 14 posizione), Tiravanija e Gerhard Richter – che precipita al 42º posto dal 27º -, Marina Abramović ora al 46º e anche lei in caduta libera dall’8º posto, Isa Genzken 47º (dal 37º), Ed Atkins che entra e si piazza direttamente al 50º posto, da tenere d’occhio quindi. Le altre molto interessanti new entry sono la campionessa del nuovo femminismo Donna Haraway (43ª), Sheena Wagstaff del Met (48ª) e Vincent Worms, il venture capitalist di Kadist che oltre che acquistare opere latino americane, investe anche in arte dall’area Asia-Pacific. In considerazione del crescente numero di gallerie che hanno aperto una sede anche a Hong Kong e della ricorrenza in questa lista di chi ha interesse in artisti e situazioni di quella zona, questa sembra la parte del mondo dove vorrebbero essere tutti oggi.
– Antonella Crippa
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