L’impresa non era facile: scrollarsi di dosso l’immagine di terra consacrata all’edonismo, nella variante del turismo balneare. Ma al tentativo è arriso un discreto successo. Negli ultimi due decenni la Romagna ha saputo proporre ai suoi cittadini e ai turisti una rappresentazione di sé più interessante e sfaccettata, facendo leva sulla riscoperta del proprio ricco passato. Negli stessi anni in cui questa terra emergeva nel panorama della produzione artistica contemporanea, in particolare grazie all’esperienza dei cosiddetti Teatri 90, una serie di mostre, pubblicazioni, restauri ha riportato in luce figure e momenti di grande fascino: sincronia casuale?
A Forlì, i Musei San Domenico hanno proposto grandi rassegne giocate sul legame con il territorio: dalla mostra su Marco Palmezzano (2005/06) a quelle su Guido Cagnacci (2008) e Melozzo (2011).
Non sono mancati accenti riconducibili all’imperante “mostrite”: così sa di slogan pubblicitario l’etichetta di “protagonista del Seicento” affibbiata a un artista pur grandissimo come Cagnacci, che però ebbe un percorso umbratile e provinciale; mentre la giusta tendenza alla contestualizzazione è sembrata, nel caso della mostra su Melozzo, un modo per mascherare il fatto che è quasi impossibile imbastire una veridica rassegna su un artista notoriamente inamovibile, e pure un po’ sfigato (tante sue opere sono andate distrutte). Ma, mossi i dovuti rilievi, è indubbio che le esposizioni forlivesi hanno avuto il grande merito di riportare in auge, all’interno e all’esterno della comunità locale, il passato artistico della città e dell’intera Romagna.
Ampio è il ventaglio delle iniziative che sono state messe in campo a Rimini, già centro d’arte tra i maggiori d’Italia e poi ridotto, dalla guerra e da una frettolosa ricostruzione, ad anonimo sfondo per le scorribande di Serena Grandi e compagni: dalle mostre (fra le quali Seicento inquieto, del 2004) ai laboratori e agli incontri promossi dall’attivissimo Museo della Città, al Festival del Mondo Antico. E l’intervista all’artista-assessore Massimo Pulini, pubblicata sul numero 3 di Artribune Magazine, lascia ben sperare per il futuro.
La “mostrite” ha tuttavia contagiato anche Rimini, anzi è stata proprio la punta di diamante del mostrificio italiano, la mitica Linea d’Ombra di Marco Goldin, a mettere le mani sulla città, o meglio sul venerando Castel Sismondo. L’ultimo evento, Da Vermeer a Kandinsky (dal 21 gennaio), supera i precedenti per inconsistenza scientifica e bislacco enciclopedismo: dentro c’è di tutto, da Lotto a Guercino, dal “Siglo de Oro” a van Dyck, dagli immancabili impressionisti a Picasso e Bacon. Tutto questo per festeggiare i quindici anni di Linea d’Ombra. Beh, forse sarebbe stata meglio la classica torta di compleanno, con le candeline sopra e un po’ di amici riuniti intorno a un tavolo.
Fabrizio Federici
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #5
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati