Grand tour tra scempi e musei
A dispetto di un patrimonio storico-artistico e ambientale vario e importante, il Lazio stenta a imporsi come meta privilegiata di un turismo di qualità. L’“ingombrante” presenza di Roma, il sistematico assalto al territorio, la generosa cementificazione, la mancanza di efficaci politiche promozionali hanno contribuito a determinare questa situazione.
Prendiamo un centro di valore unico come Tivoli. Tante volte si sente dire che la cittadina potrebbe essere per Roma quello che sono Versailles per Parigi o Potsdam per Berlino: ma avete presente cosa vuol dire andare da Roma a Tivoli (in treno, autobus o auto)? A fronte di iniziative lodevoli (l’ultima è il recupero e la parziale apertura al pubblico del Santuario di Ercole Vincitore, grandioso complesso sacro di età repubblicana in cui si compenetrano archeologia classica e industriale), non mancano situazioni scandalose.
Si pensi a una tappa obbligata del Grand Tour come il Ponte Lucano, affiancato dal monumentale Mausoleo dei Plauzi del I secolo: quello che fu un locus amoenus è oggi invaso da liquami ed esondazioni dell’Aniene, soffocato dalla viabilità moderna, sfregiato da scriteriati lavori di difesa idraulica e “restauri” a colpi di colate di cemento. A due passi c’è Villa Adriana, e a due passi dalla villa, in località Corcolle, doveva trovare posto la nuova discarica della Capitale. Wow!
Riallargando lo sguardo all’intera Regione, c’è da riconoscere che sono stati compiuti passi avanti, ad esempio in ambito museale. Negli Anni Novanta e nella prima metà del decennio successivo, prima dell’improvviso dimagrimento delle vacche, sono sorte nuove strutture e altre sono state rinnovate, e hanno preso vita reti e sistemi museali, di modo che il quadro complessivo sembra molto migliorato dai tempi della fondamentale inchiesta del 1985 diretta da Bruno Toscano su I musei locali del Lazio. Istituzioni come il Museo Civico di Rieti e i Sistemi Museali Urbani di Velletri e di Priverno presentano allestimenti in cui alla perfetta fruibilità delle opere – tra cui non pochi capolavori, come l’imponente Sarcofago delle fatiche di Ercole del Museo Archeologico veliterno – si abbina una generosa e studiata comunicazione lungo il percorso espositivo. Istituzioni che svolgono quotidianamente un difficile e prezioso lavoro sul territorio, lontano anni luce dai lustrini e dal vuoto sensazionalismo delle “grandi mostre”.
Fabrizio Federici
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #7
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