Il discorso vale anche per le Alpi, che pure nella loro asperità sembrerebbero terreno di coltura poco favorevole alle testimonianze artistiche. E invece, lungo tutto l’arco alpino, si dispiega una meravigliosa galleria di capolavori e di luoghi carichi di storia, impressionante per la completezza con cui tutti i periodi, dalla preistoria all’età contemporanea, sono rappresentati. Creazioni in cui dialogano culture figurative e architettoniche diverse, in cui si mescolano elementi che provengono dai due versanti della catena; più che barriera o, per dirla con Petrarca, “schermo […] tra noi et la tedesca rabbia”, le Alpi sembrano avere paradossalmente agevolato l’incontro.
Le valli sono state i crogiuoli in cui non solo sono stati recepiti e fusi gli stimoli esterni, ma in cui sono stati elaborati nuovi linguaggi ed espressioni originali, che da lì hanno intrapreso il cammino alla volta di pianure e città, secondo dinamiche che ci restituiscono un quadro sorprendente della “geografia artistica” delle diverse epoche.
Qualche “pezzo” dello sterminato museo alpino? Le rovine romane di Aosta, il raffinatissimo gotico delle sale affrescate nei castelli e delle oreficerie (al quale fu dedicata, nel 2002, una bella e ampia mostra tridentina, Il Gotico nelle Alpi 1350-1450), per il Rinascimento la stupefacente parata di statue bronzee del sepolcro di Massimiliano I nella Hofkirche di Innsbruck (sia consentito un piccolo sconfinamento!). E al già lungo elenco si continuano ad aggiungere luoghi che fanno delle Alpi un osservatorio privilegiato per conoscere la produzione artistica novecentesca e contemporanea: dal celebrato Mart al Museion bolzanino, all’ultimo nato, il Castello Gamba, non lontano da Aosta.
Fabrizio Federici
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #12
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