Subiaco. Esplorando i meandri del Santuario del Sacro Speco di San Benedetto
Pareti rocciose a cui si sovrappongono i dipinti di mistiche figure irregolari. E poi le scale, le volte superiori e inferiori, le cappelle, e soprattutto quella magnifica esplosione di colori. La sensazione è subito quella di un’osmosi totale fra la struttura e la roccia, in un perfetto equilibrio di forme e immagini. Ecco ciò che, d'impatto, sorprende il visitatore all'entrata del Santuario del Sacro Speco di San Benedetto.
Il Santuario del Sacro Speco di San Benedetto è un luogo mistico a strapiombo su una valle, a cui si giunge attraverso una piacevole e silenziosa scalinata circondata da un bosco di lecci, che non smette di stupire i visitatori pur dopo aver percorso alcune centinaia di metri.
Sono molti infatti i turisti che, approfittando della primavera, si recano alla scoperta del santuario e richiedono, talvolta con prenotazione anticipata, una visita guidata direttamente sul posto, rivolgendosi ai monaci o al personale in servizio, tutti dalla straordinaria e sorprendente chiarezza espositiva.
La prima domanda è il perché del nome “Santo Speco”, alla quale si darà risposta dopo averne esplorato gli interni. Molti altri, invece, preferiscono perdersi nei meandri del santuario, ed è qui che inizia la vera emozione. All’entrata ci si ritrova innanzi alla Chiesa superiore, una costruzione della prima metà del XIII secolo caratterizzata da cornici a ovuli, rosoni e aquile che prendono il volo nel rosso fuoco, colore dominante, quasi si volessero prestare a uno spettacolo dal vivo.
La sensazione è di smarrimento misto a stupore di fronte alla bellezza degli affreschi, opera – per la prima parte – della scuola senese. Tre sono le zone in cui appaiono divisi i dipinti: il Bacio di Giuda, la Fuga degli Apostoli e la Flagellazione, dove un Cristo sofferente, scarno e dalla lunga chioma, si avvia al Calvario.
Scendendo i gradini davanti all’altare maggiore si raggiunge la Chiesa inferiore, a due piani.
L’apice del pathos si raggiunge però all’altare maggiore, con affreschi del transetto a opera della scuola umbro-marchigiana. “Lavori che sicuramente avranno avuto ingenti costi”, spiega la guida, “ma a contribuire alla realizzazione di queste splendide pitture bizantineggianti fu Innocenzo III, la cui degna rappresentazione, in primo piano, si spiega con una scritta latina”.
Ed ecco che, dopo qualche passo ancora, si trova la risposta che si cercava sin dall’inizio: il perché del nome. Ad ergersi innanzi agli occhi dei visitatori è proprio una grotta (il “Sacro Speco”) in cui San Benedetto visse per ben tre anni, “ricercando la luce nella buia grotta”. “Se cerchi la luce, Benedetto, perché scegli la grotta buia? La grotta non offre la luce che cerchi. Continua pure nelle tenebre a cercare la luce fulgente, perché solo in una notte fonda brillano le stelle”, recita l’antica scritta posta all’ingresso, sulla roccia.
A ricordare la storia, prima ancora che la guida, è la statua marmorea che ritrae il giovane eremita mentre, con una corda, prendeva gli alimenti da San Romano. Coprotagonista dello splendido santuario è San Francesco d’Assisi, rappresentato senza stimmate, il che evoca un dettaglio storico: il dipinto fu sicuramente realizzato quando lo stesso era ancora in vita.
“Anche altre dettagliate rappresentazioni sono state (e sono tuttora) utili per ricostruire le abitudini del tempo”, precisa la guida, “dalle posate e dalle brocche utilizzate a tavola ai vestiti e alle chiome dei Re Magi”.
Non basterebbero giornate o forse mesi per scovare con accurata precisione ogni dettaglio degli affreschi così ben manutenuti, risultato di un’attenzione continua verso questa perla culturale. Uscendo all’aperto, infine, si accede a quello che, fino al 1870, era il piccolo cimitero dei monaci dello Speco.
Flavia Zarba
MONASTERO DI SAN BENEDETTO
Piazzale San Benedetto
00028 Subiaco (RM)
0774 85039
[email protected]
www.sacrospecosubiaco.it
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