Era il 20 luglio di cinquant’anni fa quando il mondo si fermò a guardare la Luna. Chi poteva la guardò nelle immagini trasmesse in TV, altri alzarono gli occhi al cielo e si affidarono all’immaginazione. Lo sbarco dell’Apollo 11 fu un evento epocale non solo per il suo valore scientifico ma forse ancor più per il valore simbolico di quel primo passo e per la suggestione del contatto con quel misterioso corpo celeste, da sempre presente e da sempre lontano.
IL FASCINO DELLA LUNA
Sono tantissimi in tutto il mondo gli eventi che questo luglio celebrano il cinquantenario di quell’avvenimento storico. Il Metropolitan Museum di New York ricorda lo sbarco con una mostra dal titolo Apollo’s Muse: The Moon in the Age of Photography che racconta lo sguardo dell’uomo sulla Luna nel corso di quattro secoli, tracciando una storia per immagini del nostro rapporto con questo seducente satellite. Una storia che vive sulla linea di intersezione tra scienza e arte, tra reale e rappresentazione. La fascinazione dell’uomo per La Luna è infatti antica quanto l’uomo stesso. Da quando la specie umana è stata in grado di alzare gli occhi al cielo, quella sfera bianca nel firmamento ha generato paure e sogni, credenze e miti. E se il progresso tecnologico ha permesso di dare risposta a molte domande, non ha scalfito il fascino di questa nostra compagna di viaggio.
Mettendo insieme fotografie, disegni, dipinti, filmati e oggetti raccolti negli ultimi tre anni da collezioni private in giro per il mondo, oltre che selezionati dal proprio archivio, il Met è riuscito a raccontare la storia di questa fascinazione. La mostra è curata da Mia Fineman, curatrice del dipartimento di fotografia del Met, e Beth Saunders, curatrice delle collezioni speciali della Albin O. Kuhn Library and Gallery alla University of Maryland. Il titolo riprende il nome della missione spaziale che portò i primi uomini sulla Luna e allo stesso tempo, come spiega un saggio dei curatori all’interno del catalogo, gioca con l’idea di musa ispiratrice: la Luna è stata da sempre musa per eccellenza per la civiltà umana e, nella mitologia greca, le muse erano guidate da Apollo, dio del sole.
I DISEGNI DELLA SCIENZA
A dispetto del titolo, la mostra si apre su un periodo di molto precedente all’era della fotografia. Nella prima sezione, intitolata Mapping the Moon, sono esposti infatti una serie di oggetti che testimoniano dei molteplici tentativi di disegnare e, solo in seguito, fotografare la Luna e le fasi Lunari. Due illustrazioni di Galileo Galilei tratte dal rivoluzionario testo del 1610, Siderius Nuncius, mostrano lo sforzo dello scienziato di riprodurre le immagini che vedeva nel suo telescopio e di mappare la superficie Lunare. Grazie alle sue osservazioni, Galileo concluse che sulla Luna c’erano montagne e avvallamenti: una scoperta che andava contro le convinzioni dell’epoca e la narrativa della Chiesa cattolica. Da quel momento in poi, la Luna si fece sempre più vicina: i continui avanzamenti tecnologici permisero di dettagliare sempre di più la mappa di quella superficie.
Di poco successive a quelle di Galileo sono le mappe dell’astronomo napoletano Francesco Fontana che di Galileo ereditò la cattedra all’Università di Padova e proseguì gli studi, approfondendo le osservazioni sulla Luna e perfezionando il telescopio. Le immagini qui in mostra sono parte del suo testo Novae coelestium, terrestriumque rerum observationes del 1646. Ma il primo libro interamente dedicato alla Luna lo si deve al polacco Johannes Hevelius che nel ‘47 diede alle stampe Selenographia: sive Lunae descriptio in cui, attraverso una serie di incisioni, descriveva le quaranta fasi Lunari. Le sue mappe sono abbellite da decori barocchi con cherubini che guardano attraverso telescopi, rivelando quella commistione tra scienza e religione che caratterizzava la concezione dell’epoca del mondo celeste.
Le immagini in mostra in questa prima sala raccontano dello sforzo congiunto di arte e scienza per rappresentare ciò che era ancora largamente sconosciuto: gli scienziati si affidavano agli artisti per riprodurre fedelmente le immagini che vedevano nei loro telescopi e i risultati sono opere di raffinato dettaglio e di grande fascino.
IL SATELLITE IN FOTOGRAFIA
Bisogna arrivare all’Ottocento per vedere la prima immagine fotografica della Luna. Fu l’americano John William Draper a produrre, nel 1840, il primo dagherrotipo, ma le sue immagini non ricevettero particolare attenzione da parte dei suoi contemporanei e per lungo tempo si pensò che fossero andate perse. La lastra qui in mostra riproduce l’immagine della Luna circondata da un alone che suggerisce le fasi lunari.
Furono proprio i primi anni dall’invenzione della fotografia a vedere un moltiplicarsi di tentativi di riprodurre immagini della Luna sempre più nitide. Il nuovo strumento consentiva all’uomo di catturare l’ignoto e, nella fotografia, l’antica fascinazione per la Luna trovava nuove possibilità espressive. Tra i pionieri della fotografia Lunare ci furono gli astronomi Warren De La Rue (1815-1889), Lewis Morris Rutherfurd (1816-1892) e il fotografo John Adams Whipple (1822-1891) e la mostra fa un ottimo lavoro nel documentare i loro esperimenti dai risultati spesso sorprendenti.
LUNE IMMAGINARIE
La seconda sezione si stacca dalla scienza e ci trasporta nell’onirico e immaginifico. Come sintetizzato nel titolo, Daydreams by Moonlight, la sezione mette insieme opere frutto della fantasia di creativi che si divertirono a immaginare spedizioni Lunari e una possibile vita sul satellite, con opere di periodo romantico che si nutrono della fascinazione della luce lunare. In mostra troviamo illustrazioni tratte da De la Terre à la Lune suivi de Autour de la Lune di Jules Verne e dalle Aventures du Baron de Munchhausen di Rudolf Erich Raspe, come anche immagini tratte da opere meno note ma altrettanto fantasiose, come la Raccolta delle cose più notabili Vedute da Giovanni Wilkins erudito Vescove Inglese nel suo famoso viaggio dalla Terra alla Luna…. Chicca tra le chicche, una delle famose fotografie del francese Nadar in mongolfiera, con la moglie. Tra i dipinti romantici invasi dalla luce lunare, ci sono opere di Caspar David Friedrich, Thomas Rowlandson, Edward J. Steichen e una bellissima fotografia del Canal Grande di Venezia, opera di Carlo Naya.
In questa sezione, fa la sua comparsa il cinema che, fin dalle sue origini si lasciò affascinare dall’idea del viaggio sulla Luna. In mostra troviamo i disegni preparatori per Le Voyage dans la Lune (1902) di Marie-Georges-Jean Méliès, immagini tratte da Frau im Mond (1929) di Fritz Lang e da Destination Moon (1950) di Irving Pichel. Un’intera parete è dedicata ai curiosi ritratti di studio con donne, uomini, bambini, coppie e intere famiglie, tutti seduti in posa su uno spicchio di Luna, sullo sfondo di cieli stellati: una moda di inizio Novecento.
UN PICCOLO PASSO…
Torniamo alla realtà con la terza sezione, dal titolo Moonshot. Era l’inizio degli Anni Sessanta e il presidente Kennedy prometteva al Paese che nel giro di qualche anno il primo uomo sarebbe atterrato sulla Luna e sarebbe stato un americano. Per riuscire nell’obiettivo che contemporaneamente era anche nei piani dell’Unione Sovietica, diverse missioni spaziali si avvicinarono al satellite per fotografarlo e studiarlo e poter così programmare l’epocale atterraggio. Come ricorda il testo che introduce la sezione, delle foto scattate dallo spazio, quelle che colpirono di più l’immaginario di chi era rimasto sulla Terra non furono tanto quelle della Luna, bensì quelle del nostro pianeta visto dallo spazio. La mostra raccoglie alcune di queste immagini, oltre che fotografie che documentano la preparazione delle missioni, comprese alcune che ritraggono i cani astronauti lanciati dalla Russia, con tanto di tuta spaziale.
Dopo anni di frenetiche ricerche e una competizione all’ultimo respiro, il 20 luglio 1969 furono i due americani Neil Armstrong e Buzz Aldrin i primi uomini a lasciare un’impronta sulla superficie lunare. La mostra documenta ampiamente quello storico momento, con fotografie e filmati d’epoca.
ISPIRAZIONI CONTEMPORANEE
L’esposizione prosegue con una stanza interamente dedicata all’Atlante Lunare realizzato dagli astronomi Maurice Loewy e Pierre Puiseux che, a partire dal 1894, per quattordici anni, ogni notte di cielo limpido, fotografarono la Luna attraverso il potente telescopio dell’osservatorio di Parigi, riuscendo a produrre più di 6mila negativi che andarono poi a comporre questa raccolta di immagini, qui esposta nella sua interezza, che rimase la mappatura della Luna più accurata a disposizione della scienza, fino all’era dei viaggi nello spazio.
Anche quando l’uomo aveva ormai camminato sulla superficie lunare e aveva imparato a conoscerne ogni dettaglio, la fascinazione per la Luna non svanì. Certo, la relazione tra l’umanità e il cosmo era mutata, ma l’esplorazione dello spazio stimolava ancora la fantasia. La quinta e ultima sezione della mostra si intitola Art after Apollo e racconta come l’arte abbia continuato, anche dopo lo sbarco, a farsi ispirare da questa musa. Negli Anni Sessanta e Settanta, le immagini che arrivavano dallo spazio rimbalzavano sui media e per gli artisti diventarono materiale per rappresentare un’epoca. Qui troviamo opere di Robert Rauschenberg, Nam June Paik, Nancy Graves, Michelle Stuart, Alessandro Poli che incorporano immagini dello sbarco sulla Luna e di missioni spaziali. Negli anni successivi, artisti come Cristina De Middel e Aleksandra Mir ripresero quelle immagini ironizzando sulla nazionalistica retorica dell’eroismo che accompagnò quelle imprese e quell’epoca. Oggi, artisti come Darren Almond, Sharon Harper e Kiki Smith attingono ai primordi della fotografia astronomica per evocare la magia di un satellite che non ha smesso di affascinarci. La Luna è ancora la musa preferita della Terra.
– Maurita Cardone
New York // fino al 22 settembre 2019
Apollo’s Muse: The Moon in the Age of Photography
MET – METROPOLITAN MUSEUM OF ART
1000 Fifth Avenue
www.metmuseum.org
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