Nato a Riyad nel 1971, Sultan bin Fahad lavora con la Galleria ATHR della stessa città e ha in curriculum una serie di mostre personali e collettive, allestite soprattutto nella regione, fra Gedda, Medina, Sharjah e Manama. Una sua mostra colossale si sta spostando proprio in questi giorni da Riyad a Gedda.
Quando e perché hai iniziato a fare l’artista?
Faccio arte sin dall’infanzia, ancor prima di sapere che si trattasse di una pratica artistica. Ho iniziato a fare mostre nel 2005. Il perché è difficile da dire, penso sia qualcosa d’inevitabile, una pulsione a creare.
I tuoi primi lavori sono dei dipinti. Poi hai cominciato a usare altri mezzi. Quanto è stato importante nel tuo lavoro sperimentare nuovi media come il video, la fotografia e l’installazione?
Colleziono oggetti da molti anni e, mentre esponevo i dipinti, sviluppavo parallelamente il mio lavoro più recente. Sapevo che gli oggetti trovati – che sono poi diventati gli elementi principali del mio corpus di opere più recente – li avrei usati. La variabile temporale e il luogo sono stati cruciali. La pittura è la mia comfort zone e una pratica meditativa. I nuovi strumenti sono per me un modo per superare i confini. Credo che sperimentare nuovi media sia cruciale per la crescita di ogni artista.
Hai da poco realizzato una mostra monumentale a Riyad al Red Palace. Che significato ha per te quel luogo storico?
Sono sempre stato affascinato dal Red Palace, tanto che la mia casa è dipinta con lo stesso colore. Ho una passione per tutti i palazzi reali sauditi e sono emozionato che la mostra si sposterà a giugno in un altro palazzo reale a Gedda. Sono grato per aver avuto l’opportunità di fare quest’esperienza pubblica in spazi, una volta privati, prima che fossero riconvertiti.
Quando è cominciato il progetto?
Ho sempre avuto l’idea. È difficile stabilire un momento preciso perché ho cominciato a raccogliere gli oggetti molto tempo fa. È stato un processo lento che ha impiegato anni a maturare. Poi è arrivato il momento giusto, quando abbiamo cominciato a “costruire” la mostra. L’opportunità di usare il palazzo ha velocizzato il lavoro perché s’integrava perfettamente al contesto.
Quali sono i temi principali che indaghi nella tua ricerca?
La memoria e la nostalgia. A essere sincero, i temi sono sempre in continuo cambiamento. È un mix di temi personali, regionali e locali. I capitoli principali esplorati nel Red Palace erano: la Guerra del Golfo, dal mio personale coinvolgimento come volontario durante la guerra; l’economia santa, focalizzata sulla Mecca; e una cena nel palazzo, che punta i riflettori sul ruolo del lavoro all’interno dell’edificio.
Com’è la scena artistica attuale in Arabia Saudita?
Fiorente! È ancora una scena giovane ma è super entusiasmante. È una combinazione straordinaria di artisti sauditi consolidati ed emergenti di grande talento. Non vedo l’ora di vedere lo sviluppo di questi artisti e dell’industria intorno a loro. È stata da poco annunciata una grande iniziativa di arte pubblica e il supporto governativo è fondamentale per la crescita attuale della scena.
Sei tra coloro che stanno fortemente contribuendo all’apertura del Paese. Come vedi l’Arabia Saudita nei prossimi anni?
Vedo uno sviluppo rapido e in meglio. Sono felice di supportare la visione del Re e del Principe Ereditario. Sono personalmente entusiasta di osservare come si stia sviluppando il Paese e che si stia aprendo ai visitatori. Sono felice della possibilità di condividere la ricca cultura saudita con il resto del mondo.
‒ Daniele Perra
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #49
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