L’Italia non è solo Venezia, Roma, Firenze… Il progetto Trame d’Italia in una intervista
Intervista a Daniele Rossi, il fondatore di un progetto che guarda all'Italia meno nota, lontana dalle principali direttrici culturali e – perché no? - ferroviarie. Per un turismo curioso e responsabile ecco un sito che vende “pacchetti” del tutto particolari.
Tra le tante start up culturali legate ai due versanti della tecnologia e del turismo culturale, abbiamo scovato Trame d’Italia, un progetto che punta a dare visibilità a chi visibilità ne merita tanta ma ne ha pochissima: l’Italia delle aree interne o ‒ chissà ‒ i quartieri meno noti delle città vittime di overtourism. Ne abbiamo parlato con Daniele Rossi che del progetto è leader.
Come è nato il progetto Trame d’Italia? Da quali circostanze e con quale filosofia?
La Fondazione Italiana Accenture, a partire dal concorso per idee “ARS Arte che crea occupazione socialmente utile” aveva finanziato e supportato il prototipo Trame di Lunigiana, un progetto di valorizzazione territoriale per attrarre viaggiatori facendo leva sulla rete dei castelli per poi proporre itinerari locali più ampi e interdisciplinari. Una delle ‘lezioni apprese’ fu che questo tipo di progetto deve potersi avvantaggiare di economie di scala più grandi di un singolo territorio. Trame d’Italia, alla quale Fondazione Accenture ha conferito proprietà intellettuale e asset, è quindi nata con l’obbiettivo di raggiungere la massa critica di 50 ‘Trame’ in 5 anni per poter avere strategie distributive, di marketing e di comunicazione più efficaci, nonché per ingegnerizzare i processi di sviluppo di ogni singola trama.
Tu, che lo sovraintendi, cosa hai fatto prima? Da quali esperienze provieni?
Io mi sono sempre occupato di comunicazione. Ho iniziato lavorando sui beni culturali per Provincia di Milano nei ‘magnifici’ Anni Ottanta, gli anni di Novella Sansoni a Milano e Renato Nicolini a Roma. Poi ho aperto la mia società di PR specializzata in eventi culturali e sponsorizzazioni, per poi approdare a Burson Marsteller, dal 1986, una delle maggiori società di consulenza in strategie di comunicazione, dove ho partecipato al decollo della Corporate Social Responsibility. Dopo 10 anni, ho riaperto una mia società di consulenza lavorando molto anche su temi caldi come l’impatto sociale delle ristrutturazioni industriali. Diciamo che, in ogni momento della mia vita di consulente d’impresa, c’è stata almeno una parte di lavoro dedicata agli aspetti sociali o culturali. Tra i miei principali clienti Accenture e la sua Fondazione, che ha poi fatto nascere lo spin-off Trame d’Italia.
Raccontaci la vostra filosofia. Come vi differenziate da tutto il resto delle realtà che offrono in vendita “esperienze” turistiche sul territorio?
Puntiamo sulla specializzazione. Siamo concentrati solo su itinerari culturali, seppur in un’accezione ampia che comprende ad esempio la cultura enogastronomica e dei prodotti tipici in genere. Solo itinerari articolati da un minimo di un giorno (mattina, pranzo e pomeriggio) fino a tre giorni (con due notti). Ogni itinerario propone una lettura tematica ragionata (il pane, il marmo, abitare, i riti…), comprende una vera attività (scalpellinare, cucinare, andare a cavallo…), la visita a un bene non abitualmente aperto al pubblico (come la Chiesa di San Michele a Casale Monferrato) e il contatto con i protagonisti delle singole tappe.
I nostri itinerari possono essere acquistati o con una vera guida o con OYO, la nostra applicazione che fa da navigatore intelligente perché le vere ‘storie’ vengono raccontate dai parroci, dai cuochi, dai contadini, dai nobili, dagli artigiani che ricevono i nostri viaggiatori in ogni tappa nella quale lavorano abitualmente.
Il nostro modo di differenziarci verso le destinazioni sta nel fatto che il modello di Trame è un modello evoluto di ‘sharing economy’. Tutto quello che beneficia di economie di scala viene condiviso: piattaforma digitale, investimenti in marketing, accordi distributivi, supporti amministrativi (direttore tecnico, polizze assicurative, data protection), know how e raccolta fondi. Così riduciamo i costi e miglioriamo l’efficacia. Alla Trama Locale competono tutte le attività “di prossimità”: organizzare gli itinerari, sviluppare i contenuti (che rendiamo omogenei a livello centrale), attivare il territorio e gestire i viaggiatori.
Puntate molto sull’impatto sociale della vostra attività. In che modo nello specifico?
Esiste sicuramente un tema di sostenibilità: possiamo ammortizzare la spesa di energia, di rifiuti, di costi di marketing, legata a un viaggiatore che viene dal Canada, dalla Cina, o solo dall’altro capo dell’Italia, facendolo fermare per più giorni e facendogli visitare più luoghi, anche vicini ai grandi attrattori. Si tratta di luoghi fortemente autentici dell’Italia meno nota e affollata dove più viaggiatori possono portare a un equilibrato aumento dell’occupazione e dello sviluppo economico in termini di posti di lavoro e vitalità delle attività locali.
Meno evidente, ma molto importante: promuoviamo un tipo di itinerario dove il viaggiatore viene quasi ‘obbligato’ a ragionare, non solo a guardare o fotografare. Ogni itinerario, usando le tecniche dello storytelling, mette in relazione i “segni” (un quadro, un ponte, un ingresso, una ricetta…) con la storia dell’uomo che ha generato quel segno. Secondo noi, sapere che l’arco a tutto sesto è romanico e quello a sesto acuto è gotico è necessario ma non sufficiente: bisogna capire perché la società delle due epoche ha prodotto architetture così diverse, secondo i criteri della storia sociale.
Stiamo inoltre ampliando servizi sociali a supporto dei viaggiatori (alcuni attivi a Matera) come il baby sitting o il kinderheim. Stiamo ampliando le trame ‘accessibili’ a chi ha problemi motori (ad esempio in Valle Camonica) e alcune delle prossime trame avranno come tappe anche attività sociali come quelle svolte in beni confiscati alla mafia. D’altro canto cerchiamo anche di includere quelle tappe che offrono opportunità di inserimento lavorativo a categorie fragili.
Siete attivi da non molto. Riesci a raccontarci qualche esperienza e aneddoto avvenuto sia dal lato dei clienti sia dal lato dei vostri referenti che attivate nei territori?
Una delle prime iniziative che abbiamo realizzato è stata quella di mettere alla prova un itinerario in Monferrato e uno in Lunigiana portando in ognuno una trentina di persone che partecipano a ICOM, il convegno della principale associazione internazionale di professionisti museali. Alla partenza era tutto un darsi la mano formale, scambi di biglietti da visita, inchini e sorrisi di circostanza. Quando ci siamo salutati alla sera sembrava una gita liceale: abbracci calorosi, impegni di restare in contatto, scambi di fotografie, pacche sulle spalle, risate fragorose. Si toccava con mano il potere del viaggio insieme come esperienza di socializzazione. Un caso di segno diverso, ma emblematico di quanto sia importante conoscere e segmentare i viaggiatori, è questo: due australiani molto alla mano ci hanno chiesto di dormire una notte in più rispetto a quelle previste dall’itinerario che avevano acquistato; siamo impazziti per fare loro una proposta economicamente molto conveniente, per scoprire solo dopo che venivano da un hotel dove avevano speso 600 euro a notte per la camera!
Lato destinazioni: proprio pochi giorni fa abbiamo partecipato alla conferenza strategica dell’associazione Borghi Autentici d’Italia, con la quale abbiamo siglato un protocollo per sviluppare Trame in 5 + 5 borghi dei prossimi 6+6 mesi, ma l’entusiasmo e la voglia di aderire di sindaci e amministratori presenti (circa 60) è stato molto forte e finiremo sicuramente per lavorare in più territori del previsto.
Quale è l’itinerario-esperienza che vi ha dato fino a oggi più soddisfazione?
Anche se la nostra è un’offerta ‘ di nicchia’, i grandi fenomeni mediatici influenzano anche noi: in termini numerici la trama di maggior successo è stata sicuramente Matera, capitale della cultura 2019. Per questo stiamo correndo per lanciare Trame del Parmense!
Come state lavorando in sinergia coi vostri soci, ad esempio Valica, Musement e ADSI?
Il supporto in attività che ci danno i soci è fondamentale per noi: Musement e Valica ci offrono i loro mezzi di comunicazione che sono (insieme al Grant di Google for non profit) la fonte degli oltre 60mila visitatori unici che abbiamo avuto negli ultimi 12 mesi con un tempo di permanenza medio che è cresciuto da 30 a 60 secondi e continua a migliorare.
Confcooperative e il Consorzio Gino Mattarelli ci aiutano moltissimo a lavorare con le strutture locali che realizzano le diverse Trame, mentre ADSI ci offre una relazione privilegiata con i proprietari delle dimore storiche che includiamo nei nostri itinerari e che diversamente, spesso, non sarebbero visitabili. Voglio citare anche Touring e FAI, che ci danno il loro patrocinio e ci aiutano in termini di visibilità. Nonché i nostri finanziatori iniziali, Fondazione Accenture, Fondazione Cariplo e UBI Banca che hanno reso possibile tutto questo.
Ci sono all’estero delle esperienze simili alla vostra cui avete guardato?
La cosa difficile è che né in Italia né all’estero ci sono realtà esattamente come la nostra, ma ce ne sono moltissime simili. Noi stiamo dando la priorità a organizzazioni che possano diventare nostri partner come canale distributivo oppure con le quali potremmo addirittura fonderci: se ci pensate, nel mondo digitale, per ogni settore, ci sono un paio di player che fanno oltre l’80% dei volumi se non di più. Gli ostacoli sono a volte tecnologici, a volte legati al fatto che simo ancora piccoli, ma la difficoltà più grande, soprattutto in Italia, è di tipo culturale, se posso fare una battuta: ‘ogni scarrafone è bello a mamma sua’.
A livello economico, come pensate di portare questo progetto al break even?
Il modello di Trame d’Italia vuole coniugare impatto sociale con sostenibilità economica in un Paese nel quale, ancora oggi, centinaia di milioni di euro vengono investiti a fondo perso non dico senza raggiungere questo obbiettivo, ma senza neppure porselo, anche in settori in cui i ricavi potrebbero coprire almeno una parte dei costi e sarebbero socialmente più che accettabili. Lo strumento chiave per noi è il margine che applichiamo sui costi vivi dei singoli itinerari. Un margine, variabile da offerta a offerta, che viene ripartito tra chi sviluppa il prodotto e il servizio al viaggiatore (la Trama locale), chi promuove l’offerta e gestisce la piattaforma di vendita (Trame d’Italia struttura centrale) e l’eventuale canale di vendita. Stiamo anche noi consumando contributi e donazioni, ma con un forte orientamento a fare sì che, progressivamente con il crescere dei volumi, questo margine condiviso renda economicamente autosufficiente sia Trame d’Italia che le diverse Trame locali. Quando accadrà dipende dalla nostra bravura, ma anche dalla quantità di risorse che sapremo aggregare. Per questo siamo apertissimi a qualsiasi sinergia ragionevole ci venga proposta e impegnati ad apprezzare seriamente anche le iniziative belle per “mamma loro”.
‒ Massimiliano Tonelli
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati