Che i Parchi d’Arte intrattengano una stretta relazione con il sociale è ormai chiaro. Ma cosa accade quando l’arte pubblica per eccellenza incontra il collezionismo? I possibili riferimenti che vengono alla mente corrono lontano nel tempo, agli anni di quel Rinascimento fatto da mecenati e artisti in sinergia continua. Un rapporto figlio dei classici, della storia che non conosceva ancora collezionisti bensì committenti, in cui possedere un’opera era meno importante che contribuire a generarla. Se collezionare significa, poesia a parte, investire su un prodotto garantendosi la proprietà di un valore, entrare in dialogo e accordare fiducia all’artista prima ancora che questi inizi a lavorare è tutt’altra ‘Storia’.
Cosa accade quando una collezione viene pensata in forma di parco? Le opere sono monumentali, aumentano i costi e i tempi, il giardino si trasforma in un cantiere perennemente in divenire. Queste problematiche non hanno impensierito Giuliano Gori, che carezzava già dagli anni Sessanta il desiderio di poter, prima o poi, vedere le opere d’arte nel posto in cui l’artista le ha pensate da principio, in cui sono nate. Questo sogno è diventato realtà nel decennio successivo e da allora la Fattoria di Celle, in Toscana, ospita alcuni dei più grandi nomi del contemporaneo, spesso in forme e materiali che non ci si aspetterebbe da loro, ispirati da quel luogo speciale. Entusiasta, agguerrito, orgoglioso dello spazio che in aprile ha toccato i cinquant’anni di vita, il fondatore di Celle si racconta come sognatore dell’arte prima che collezionista. Dice di essere nato con una scultura in mano, avrebbe voluto vedere un Botticelli lì dove il pittore l’aveva immaginato e ci racconta di aver bacchettato amichevolmente personaggi che popolano i libri di storia dell’arte del nostro tempo. Il resto lo sentiremo dalla sua viva voce.
– Ofelia Sisca
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