Mi è capitato di recente di imporre a me stesso un tour nell’Italia interna di cui si parla tanto. Tra borghi e percorsi poco battuti. Ed è stato illuminante. Con uno scooter, ho percorso tutta la storica strada statale (sì, lo so, oggi non si chiamano più così) numero 71. Il nome di questa traiettoria è “Umbro Casentinese Romagnola” e il suo tragitto parte da Montefiascone, cittadina da scoprire sul Lago di Bolsena. Prosegue per Orvieto, che non abbisogna di presentazioni, bordeggia i paesini nel contado (Monteleone di Orvieto, ad esempio); dopo la medievale Città della Pieve e l’etrusca Chiusi lambisce il Trasimeno entrando nella sorprendente Castiglione del Lago. Poi la strada piega nella Val di Chiana, tocca Camucìa e guarda Cortona, il Castello di Montecchio, entra ed esce da Castiglion Fiorentino e dalla città di Arezzo, dove al mio passaggio si preparava la Giostra del Saracino.
Arrivata a questo punto, la Strada Statale 71 Umbro Casentinese Romagnola si infila nel Casentino, la valle alta dell’Arno che porta il fiume di Firenze fino alla sua sorgente sul Monte Falterona. Taglia Bibbiena, sfiora Poppi e sale con l’obiettivo di valicare l’Appennino. Lo fa al Passo dei Mandrioli, dopo aver attraversato la bellezza mozzafiato delle foreste casentinesi, ormai da venticinque anni Parco nazionale.
Una volta di là l’atmosfera cambia, il passaggio da versante tirrenico ad adriatico si percepisce dai colori, dall’odore, dall’aria. Si scende dai Mandrioli in maniera ripida incontrando alcuni scaloni rocciosi che sono conformazioni geologiche uniche, studiate in tutto il mondo. Si segue per la valle del Fiume Savio incontrando Bagno di Romagna e poi San Piero in Bagno. Dopo Arezzo, è ora la volta di un’altra città grande e ricca: Cesena. E dopo Cesena il gioco è facilissimo perché siamo in pianura, non resta che seguitare dritti come fusi verso nord, percorrendo l’antico tracciato della Via Romea Germanica per lasciarsi sulla destra Mirabilandia ed entrare, verso sud, in Ravenna.
“Se questi percorsi ce li abbiamo già fatti, cosa diamine mai ci vorrà a puntarci sopra qualche fiche? Possibile che non si riesca a superare la logica regionale? Queste strade dovrebbero essere loghi, brand, identità visiva”.
Mi sono dilungato, è vero, ma era necessario snocciolare per lasciare il senso della quantità. Della numerosità. Della mole sconsiderata e smisurata di contenuti che, in Italia, puoi trovare in un percorso anomalo, zero turistico, su una semplice, misconosciuta strada statale del Paese. Hai tutto. Tutto. Mari e laghi, fiumi e montagne, foreste e pascoli meravigliosi con aziende agricole strabilianti. Hai borghi, cittadine, città che son state capitali. Hai etruschi e bizantini. Hai lo Stato della Chiesa e il Granducato di Toscana. Hai Lazio, Umbria, Toscana e Romagna viste tutte di sguincio, come piace a quella parte di viaggiatori curiosa, attenta, colta e vogliosa di imparare.
RILANCIARE IL PATRIMONIO STRADALE ITALIANO
E allora, se questi percorsi ce li abbiamo già belli e fatti, cosa diamine mai ci vorrà a puntarci sopra qualche fiche? Possibile che non si riesca a superare la logica regionale? La povera splendida SS 71 manco si chiama più così perché alcune regioni le hanno lasciato il suo nome, altre l’hanno chiamata Strada Regionale, altre ancora l’hanno declassata a provinciale, dotandola di un numero a casaccio…
Queste strade dovrebbero essere loghi, brand, identità visiva. Permettono viaggi lenti, permanenze di più giorni, distribuiscono risorse nel territorio, nei borghi, nelle aree interne. A differenza delle ferrovie antiche (che pure meritano grande attenzione e lo stiamo vedendo in questi giorni) sono già pronte, serve solo arredarle e comunicarle. Potrebbe essere una sfida sana delle comunità. Uno stimolo al viaggio sostenibile su due ruote, perfino a pedali.
Per quello che ho visto, la Strada Statale 71 dovrebbe – per il patrimonio culturale, paesaggistico, storico, architettonico, artistico e sociale che tocca – essere iscritta domani stesso alla lista dell’Unesco. La cosa spiazzante è che di strade così in Italia ve ne sono a dozzine. A quanto pare nessuno ci sta facendo un ragionamento: non c’è un ufficio sulle storiche statali al Ministero del Turismo, al Ministero delle Infrastrutture, al Ministero della Cultura e neppure all’Anas, che anzi non le gestisce più, visto che le statali storiche sono state smembrate e consegnate agli enti locali i quali, per definizione, non possono avere una visione dall’alto indispensabile alla loro valorizzazione culturale. La seconda fase del progetto Rientro Strade, che prevede per l’appunto il ritrasferimento delle competenze all’Anas di 6.500 chilometri di strade ex statali, regionali e provinciali, non potrebbe essere l’occasione per iniziare a ragionarci?
‒ Massimiliano Tonelli
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #62
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