Centotrenta nuovi esemplari di camelie arricchiscono il parco del Castello di Miradolo, nella campagna attorno a Pinerolo, all’imbocco della Val Chisone. Vanno ad affiancare le camelie ottocentesche introdotte dalla Contessa Sofia Cacherano di Bricherasio (un’allieva di Lorenzo Delleani), ultima proprietaria della dimora di gusto neogotico fino al 1950, prima che parco e castello passassero per testamento a una congregazione religiosa che li adibì a casa per esercizi spirituali e residenza estiva per anziani. Abbandonata negli Anni Novanta, nel 2007 viene acquistata da un gruppo di privati che ne affidano la gestione alla Fondazione Cosso che da allora ne cura il restauro e rilancio. Con un programma incentrato sulle linee guida di “arte, musica, natura, didattica e sociale”, come ha sottolineato la presidente Maria Luisa Cosso Eynard presentando gli eventi che per un mese animeranno castello e parco attorno al tema della camelia.
IL CAMELIETO DEL CASTELLO DI MIRADOLO
Il piano di recupero, tutela e valorizzazione del Camelieto, realizzato in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Agrarie dell’Università di Torino e la Società Italiana della Camelia, con il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo, ha preso il via nel 2019 con il propagamento da piante appartenenti a due tra le collezioni più antiche e pregevoli d’Italia, il giardino dell’ex Albergo Eden di Verbania Pallanza (collezione Rovelli) e il Parco di Villa Durazzo Pallavicini di Genova Pegli.
Dal 2000 è in corso un lavoro di studio e classificazione dei giovani esemplari coordinato dalla prof.ssa Valentina Scariot e condotto sul campo dalla ricercatrice Nicole Mélanie Falla.
“La camelia ha uno stretto rapporto con il nostro territorio: a partire dall’Ottocento la presenza di questo fiore era quasi un obbligo in ogni giardino aristocratico o borghese, tanto che si può parlare di una vera e propria cameliomania”, racconta Valentina Scariot. “Poi, da fine ‘800, comincia l’oblio a favore della rosa che ha il vantaggio di essere profumata, e si è corso il rischio di perdere dati e nomi delle cultivar”. La rinascita dell’interesse parte dalla metà degli Anni Sessanta: “Nel 1965 a Cannero Riviera sul Lago Maggiore nacque la Società Italiana della Camelia e oggi questa pianta è assolutamente tornata di moda e si può dire che è una delle piante da giardino maggiormente utilizzate”, sottolinea Andrea Corneo, attuale presidente della società che riunisce gli appassionati del fiore di origine asiatica.
“È un progetto in linea con l’anima della nostra Fondazione”, spiega la vice-presidente Paola Eynard, “perché va nella direzione della salvaguardia della biodiversità”. Le baby camelie, “che tra più di cento anni, nel pieno del loro splendore, raggiungeranno le dimensioni delle piante madri e rallegreranno il Castello con alte e delicate macchie di colore”, sono state disseminate e quasi un po’ nascoste nel grande parco all’inglese di oltre sei ettari che vanta una quarantina di esemplari di grande importanza storico-botanica, compresi cinque alberi monumentali.
“Bisogna cercarle queste nuove camelie” ‒ aggiunge Paola Eynard ‒ “e sarà un modo per scoprire il parco, anche con il supporto delle numerose animazioni che abbiamo organizzato questo mese, ma sono disponibili delle mappe aggiornate, anche in versione Braille e in QR code per aiutare le persone con difficoltà visive e uditive”.
LA MOSTRA “OLTRE IL GIARDINO. L’ABBECEDARIO DI PAOLO PEJRONE
In continuità fra esterno e interno, nelle sale del Castello di Miradolo fino al 15 maggio prosegue l’esposizione Oltre il giardino, dove le riflessioni dell’architetto paesaggista Paolo Pejrone (Torino, 1941) dialogano con le opere di Andy Warhol, Lucio Fontana, Giovanni Frangi, Francesco Menzio, Arrigo Lora Totino, Gilberto Zorio, Mario Merz, Giovanni Anselmo, Paola Anziché, Robert Rauschenberg, Giuseppe Penone, Giulio Paolini, Richard Long e altri.
La mostra, a cura di Paola Eynard e Roberto Galimberti, si sviluppa intorno al concetto di abbecedario. Le parole e i pensieri di Pejrone, in rigoroso di-sordine alfabetico sui temi della luce, dell’ambiente, dell’ozio, del dubbio, del ricordo, sono accostate alle opere degli artisti che suggeriscono o sollecitano possibili ulteriori riflessioni. Nella sua ultima versione “primaverile” (la mostra ha avuto delle variazioni stagionali) l’esposizione si arricchisce dei modelli e dei disegni pomologici di fragole albicocche, mele e pere di Francesco Garnier Valletti, insuperabile modellatore ottocentesco di finti frutti oggi conservati al Museo della Frutta di Torino; e del Tappeto natura ‒ Cavolo canario di Pietro Gilardi, che riproduce con intento ironico un contesto naturale prendendo spunto dalla Pop Art americana, in particolare dalle creazioni di Claes Oldenburg.
Una sala è dedicata a Giorgio Griffa (è in corso una sua mostra-chicca al Pompidou di Parigi), che ha realizzato un’installazione inedita ispirata a Venti frammenti (1980) sul tema della conoscenza e della frammentarietà del sapere. A Griffa è dedicato l’incontro del 7 maggio (ore 15) con Giulio Caresio, che affronterà i temi della frammentazione e dell’isolamento, centrali nell’opera dell’artista torinese. Gli incontri a margine della mostra Oltre il giardino proseguiranno il 21 maggio (Viaggi di carta. Il piacere della lontananza con Rosellina Archinto) e il 2 giugno (L’Emblema della Repubblica Italiana a seconda dei gusti con Daniele Jalla).
‒ Dario Bragaglia
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