Se è vero che Malta, nell’ultimo decennio, ha saputo imporsi sulla scena dell’arte internazionale (specie la “piazza” di Valletta, con l’ambizioso rinnovamento urbanistico e i suoi spazi per la sperimentazione contemporanea), preservando al contempo tradizioni antichissime, c’è un altro aspetto che fa dell’arcipelago circondato dalle acque del Mediterraneo una destinazione culturale di prima grandezza nel panorama europeo. E nuovamente si fa appello alla storia millenaria di un territorio che manifesta in modo potente la propria longevità tanto sotto l’aspetto paesaggistico quanto per l’età dei primi insediamenti umani, di cui oggi restano tracce architettoniche e urbanistiche tra le più antiche conosciute al mondo. Quindi, aggirando le mete più inflazionate dal turismo di massa, è un tour attraverso le mirabilia naturali e storiche dell’arcipelago che ci dà modo di comprendere come il rapporto con l’ecosistema marino abbia dato forma a una delle civiltà più remote dell’umanità.
L’IPOGEO DI HAL SAFLIENI
L’ipogeo di Hal Saflieni è la prima tappa di questo viaggio a ritroso nel tempo: il sistema di necropoli sotterranee scavate su più livelli (si scende fino a dieci metri di profondità) è valso al sito archeologico l’inclusione nell’elenco dei patrimoni tutelati dall’Unesco. Il complesso si raggiunge in località Paola, ed è il più antico sito monumentale di Malta, risalente a un periodo compreso tra il 3600 e il 2500 a.C. In origine doveva essere un santuario, di cui si conserva il tempio, rarissimo esempio di tempio preistorico ipogeo ancora esistente, attorno al quale, in epoca successiva, si sviluppò la necropoli. La scoperta del sito data all’inizio del XX secolo, e come spesso accade per i ritrovamenti archeologici fu casuale. Oggi si visitano, con ingresso contingentato, diversi ambienti superstiti, utilizzati a scopo devozionale o funzionale alla gestione del complesso sotterraneo, dalla stanza dell’Oracolo – con soffitto dipinto con spirali di ocra e globi – ai locali adibiti allo stoccaggio del frumento. Oggetti, amuleti e statuine rinvenute sul sito, tra cui la celebre Dea dormiente, sono oggi conservati ed esposti al Museo Archeologico Nazionale di Valletta.
I TEMPLI DI TARXIEN E DI GGANTIJA
In cerca delle radici della civiltà maltese si raggiungono a breve distanza i Templi di Tarxien, un complesso di quattro strutture megalitiche realizzate tra il 3600 e il 1500 a.C., scoperte anch’esse in modo fortuito nel 1913 da alcuni agricoltori locali. La loro datazione li fa ritenere tra i monumenti più preziosi della storia dell’uomo e peraltro hanno costituito il bacino più prolifico per la scoperta di arte preistorica nell’arcipelago, tra rilievi di animali, spirali intagliate, resti di statue, monili e utensili in pietra, grandi contenitori in argilla e pietra, ceramiche e statuette. Spostandosi sull’isola di Gozo si scopre un’altra traccia millenaria della presenza umana nel Mediterraneo. I templi di Ggantija vantano il primato di più antiche strutture autoportanti al mondo, costruite con megaliti alti oltre cinque metri e del peso di oltre 50 tonnellate. Per questo una leggenda locale vuole che siano stati realizzati da una gigantessa (la traduzione del nome allude, in realtà, al “tempio dei giganti”), anche per il riferimento della struttura architettonica a forme femminili, che farebbe pensare alla celebrazione di riti legati alla fertilità: guardandoli in pianta, infatti, è chiara la somiglianza con la forma delle statue votive dai fianchi larghi e seni prosperosi ritrovate in zona. Ai resti dei due templi si affianca un piccolo museo ben allestito, ed esaustivo nell’introdurre gli aspetti legati alla cultura del Neolitico maltese.
MISTERIOSE VORAGINI, SCOGLIERE E SITI ARCHEOLOGICI
Il riferimento ai giganti, evocati in molte leggende tramandate a Malta, ci conduce a esplorare un altro genere di antiche “attrazioni”. L’arcipelago infatti porta i segni di una formazione geologica di origini millenarie. Come la voragine di il-Maqluba, comparsa nel territorio del villaggio di Qrendi nel 1343, per effetto di un terremoto: una dolina estesa per seimila metri quadrati, con un diametro di circa cinquanta metri e profonda quindici, che oggi è riserva naturale protetta per la presenza, sul fondo, di una vegetazione rigogliosa di canna egiziana, fichi, melograni, carrubi, edera, alloro e albero della gomma.
Si addensano un gran numero di leggende anche intorno alle origini dell’isolotto di Fifla, che si tramanda essere stato “creato” con la terra sottratta alla voragine di il-Maqluba (siamo a cinque chilometri dal sito). Mentre, non lontano, concilia l’anima naturale di Malta con la sua longeva cultura l’itinerario che dalle scogliere di Dingli, sul punto più alto dell’isola, scende verso sud per arrivare alla Blue Grotto (in circa tre ore a piedi). Lungo il sentiero, con una breve deviazione, si arrivano a scoprire i templi megalitici di Hagar Qim, o della “pietra eretta”, e Mnajdra, ulteriore esempio di costruzione megalitica di epoca neolitica, distanti l’uno dall’altro circa cinquecento metri e costruiti seguendo gli allineamenti astronomici. Tra le testimonianze meglio conservate del periodo, il sito vanta anche la presenza del megalite più grande di Malta, lungo oltre 5 metri e pesante 57 tonnellate. Anche in questo caso si pensa che i costruttori abbiano utilizzato sfere e rampe per alzare in verticale le grandi pietre delle strutture, che hanno custodito per secoli, fino allo scavo della seconda metà dell’Ottocento, reperti di carattere devozionale importanti per ricostruire i culti del tempo.
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