Scoprire Tivoli fra cave di travertino e architetture storiche

È un racconto fatto di ricordi e vita vissuta quello dell’architetto Matteo Costanzo, che cala le vicende della sua famiglia nella cornice di Tivoli, fra cave di travertino e antiche Ville. Ad accompagnare le sue parole sono le fotografie dell’artista e curatore Alessandro Dandini de Sylva

La strada che conduce a Tivoli parte dal centro di Roma: è la via Tiburtina. Usciti dalla città la strada taglia in due una estesa superficie di estrazione di travertino conosciuta come le cave di Tivoli. Quello delle cave è un paesaggio, per me, indimenticabile. Un’infinita radura piena di macchinari colorati per l’estrazione della pietra, che emergono da una nuvola di polvere, che tinge tutto di bianco.
Io l’ho osservato per anni, dal finestrino della macchina, andando su e giù da Roma a Tivoli, per andare a trovare mia nonna, gli zii e i cugini.
Mia nonna Luigina era di Ronciglione, tutti la chiamavamo nonna Ina. Si trasferì a Tivoli quando conobbe mio nonno, Ignazio. La leggenda dice che si innamorarono al primo sguardo. Mio nonno era da poco tornato da New York. La sua famiglia, come molti italiani al tempo, era andata a inseguire il sogno americano. Una famiglia numerosa che, sotto l’attento controllo di Maria, la mia bisnonna, fece fortuna a Brooklyn. Poi ci fu la Grande Depressione, alla fine degli Anni Venti, e tornarono in Italia. Tutti tranne Ignazio, detto George; lui rimase a New York, per vendere le ultime proprietà, sbarrate con le assi di legno per la crisi. Forse mio nonno si era ormai fatto una vita lì. La madre in disaccordo tornò di nascosto a New York con la nave per riportarlo in Italia. Bloccata a Ellis Island per la quarantena, trovò il modo per farlo imbarcare con lei.

Alessandro Dandini de Sylva, Aniene, 2022

Alessandro Dandini de Sylva, Aniene, 2022

IL TRAVERTINO DA TIVOLI A NEW YORK

Mio nonno era diventato quello che oggi chiameremmo un imprenditore, una persona che sapeva fare affari. A Tivoli al tempo l’attività più redditizia era il travertino.
Il travertino tiburtino è un materiale prezioso, fin dai tempi dei romani; per le sue qualità è stato eletto a materiale per le architetture e i grandi monumenti.
Mio nonno, che parlava inglese, fu uno degli artefici della vendita del travertino per il Lincoln Center di New York. Si dice che quando Philip Johnson venne a Tivoli fece costruire nelle cave un pezzo della facciata scala 1:1 per controllare soluzioni e dettagli.
Ancora oggi, passando sulla Tiburtina, riconosco la cava della mia famiglia, era quella che confinava con il casale dove Bernini soggiornava durante la fabbrica di San Pietro, rimasto oggi isolato tra le aree di estrazione.
Non distante dalle cave c’è Bagni di Tivoli, il complesso termale delle Acque Albule. L’estate da piccoli si andava sempre lì a fare il bagno. Per noi era come andare al mare, intere giornate immersi in quelle enormi piscine di acqua sulfurea di colore lattiginoso. Con lo zolfo che galleggiava in superficie ci si cospargeva il corpo, come trattamento per la pelle. Lo percepisci quando stai per raggiungere i Bagni, per quel forte odore che c’è nell’aria, un odore che ti rimane addosso per giorni.
Superate le cave c’è Villa Adriana. Una accumulazione di elementi immersi nel paesaggio che ancora oggi ci raccontano un’idea di architettura.

Alessandro Dandini de Sylva, Aniene, 2022

Alessandro Dandini de Sylva, Aniene, 2022

TIVOLI FRA PASSATO E PRESENTE

Tivoli nasce su un promontorio roccioso. Si data la sua nascita al 1215 a.C. come conseguenza del rito della Primavera Sacra, sulla riva destra dell’Aniene.
Ricordo che a volte si andava a pescare sull’Aniene, non lontano dalla diga. Per raggiungere l’altra sponda si doveva camminare a quattro zampe su un grande tubo nero che sormontava il fiume, e poi, una volta dall’altra parte, si rubavano le fragole di un contadino, cercando di non lasciare impronte per non essere scoperti.
Poi, sempre d’estate, si andava a Villa Gregoriana. Dalla terrazza del Tempio della Sibilla e di Vesta, ultime tracce dell’acropoli romana, ci si affacciava in questo meraviglioso giardino romantico.
Poi le gite a Villa d’Este, le esplorazioni nelle antiche cartiere a ridosso del Santuario di Ercole Vincitore, le passeggiate in bicicletta lungo i viali alberati.
Ho sempre avuto l’idea che Tivoli fosse un giardino, un grande giardino posto sulla sommità di un monte. Andando via da Tivoli, verso sera, dai tornanti che scendono per raggiungere la Tiburtina si vedono Roma e tutte le sue infinite luci.

Matteo Costanzo

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #68

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Matteo Costanzo

Matteo Costanzo

Matteo Costanzo si è laureato in Architettura presso l’Università La Sapienza di Roma nel 2003 e ha studiato presso la Brookes University di Oxford in Inghilterra. Nel 2000 ha vinto il primo premio al concorso internazionale della 7. Biennale di…

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