Regina Viarum è il magniloquente appellativo che accompagna la storia della Via Appia, la strada consolare di novecento chilometri che connette Roma a Brindisi, attraversando quattro regioni (Lazio, Campania, Basilicata e Puglia), 12 tra province e città metropolitane, 73 Comuni. Il suo nome è legato a quello del censore Appio Claudio Cieco, che alla fine del IV secolo a.C. ne commissionò la realizzazione per collegare la capitale allo strategico porto di Brundisium. Dell’antico tracciato si conservano ancora lunghi tratti, mentre ancora si scava, in prossimità delle Terme di Caracalla, per riportare alla luce il primo miglio della Via Appia, ora ufficialmente candidata a diventare bene Unesco. E proprio uno scavo estemporaneo nell’area del Parco dell’Appia Antica ha regalato negli ultimi giorni una scoperta fuori dall’ordinario: il sottosuolo della collina del Parco Scott, non distante dal sepolcro di Priscilla, infatti, celeva una statua in marmo a grandezza naturale raffigurante Ercole, riconoscibile per la clava e la leontè, pelle di leone che ricopre il capo del semidio greco nell’iconografia tradizionale.
Oggi è ancora possibile percorrere parte del cammino che da Roma conduceva fin sulla costa pugliese, che nel 2020 l’allora ministro Franceschini si impegnava a valorizzare come “primo cammino laico con scopo culturale d’Italia”, auspicando una serie di interventi di restauro, messa in sicurezza e manutenzione. Solo alcuni tratti, segnalati sul sito dedicato al Cammino sono diventati tappe percorribili con qualche accortezza. Tra questi, il passaggio che da Benevento porta in Irpinia, attraversando un’area interna e poco turistica della Campania, si rivela un buon punto di partenza per esplorare il territorio al di là dell’interesse per le vestigia romane (che pure sono molto presenti e valgono la visita). L’itinerario che ne deriva spazia dall’architettura medievale all’arte contemporanea, dalla street art all’antropologia. Qui forniamo alcuni suggerimenti utili per pianificare il viaggio, segnalando le attrazioni più originali e le soste da non mancare sul tragitto che da Benevento conduce a Lacedonia (ricalcando quasi pedissequamente la Via Appia, prima che sconfini in Puglia), consapevoli, però, che un territorio cresciuto sotto la spinta di molteplici influenze culturali – i Sanniti prima dei Romani, poi Longobardi, Normanni, Angioini, Borbone – si presta a disegnare rotte sempre diverse.
Livia Montagnoli
GLI ARTISTI DI VIA VARCO A ROTONDI
Prima di entrare a Benevento percorrendo la Strada Statale 7 (Via Appia) che ricalca in buona parte l’antica via consolare romana, scendendo da nord a sud, è consigliabile una breve sosta nel paese di Rotondi (provincia di Avellino), per verificare come il segno dell’arte contemporanea può ripensare lo spazio pubblico. In Via Varco gli artisti Eugenio Giliberti, Umberto Manzo, Perino & Vele, Lucio Perone e Peppe Perone hanno insediato i propri atelier, condividendo lo spazio di una strada che oggi è nota come “la via dell’arte”.
In questo contesto si è innestato il progetto di rigenerazione culturale e urbana Illumina la notte con l’arte di Via Varco, curato da Marco Tonelli e finanziato dalla Regione Campania. Nel 2017 la manifestazione ha invitato gli artisti di Via Varco a produrre cinque opere permanenti, sculture e installazioni ispirate alle caratteristiche ambientali e storiche del territorio. Dall’opera R-H2O+ di Giliberti, che si collega al percorso del fiume Isclero, alla scultura luminosa di Lucio Perone (Il sogno dell’emigrante) al disegno murale paMaronn di Perino & Vele.
ARCOS, IL MUSEO DI ARTE CONTEMPORANEA DEL SANNIO
Inaugurato nel 2005 nei sotterranei dell’ottocentesco Palazzo del Governo, già utilizzati come rifugio antiaereo durante la Seconda Guerra Mondiale, ARCOS ha rappresentato per la città di Benevento l’opportunità per aprirsi alla scena artistica contemporanea, attraverso attività di ricerca, mostre tematiche (il museo non possiede una sua collezione) e il coinvolgimento di artisti di fama internazionale e di giovani emergenti, invitati a interagire con il tessuto urbano. L’edificio conserva anche la sezione egizia del Museo del Sannio, che custodisce i reperti archeologici del locale Tempio di Iside (il culto della divinità egizia fu importato in città dai Romani, e si radicò con particolare forza).
Con lo stesso biglietto si visita il Complesso di Sant’Ilario, dove coesistono i resti di una domus di età imperiale e l’ex chiesa altomedievale di Sant’Ilario, che oggi ospita il Museo dell’Arco, per approfondire la storia dell’adiacente Arco di Traiano. L’arco trionfale che è diventato simbolo di Benevento ci riporta alle vicende della Via Appia: monumento celebrativo, fu dedicato all’imperatore Traiano in occasione dell’apertura della Via Traiana, pensata all’epoca come variante della Regina Viarum, per abbreviare il tragitto tra Roma e Brindisi.
https://retemuseale.provincia.benevento.it/
BONITO, IL PAESE DELLA STREET ART
A mezz’ora di auto da Benevento (ma già in Irpinia), Bonito si avvista su una collina che guarda sulle valli dell’Ufita e del Calore. Il paese, che ha dato i natali a Salvatore Ferragamo sul finire del XIX secolo, conserva testimonianza della dominazione normanna nei resti del castello del XII secolo, ma documenti riconducono la sua fondazione al periodo longobardo. Molto più di recente, il centro storico è stato rianimato dall’intuizione dal Collettivo Boca (dal quartiere di Buenos Aires simbolo della libertà artistica), che nel 2011 ha avviato un processo di riappropriazione degli spazi urbani, coinvolgendo negli anni, attraverso l’Impronte street art festival, diversi street artist italiani e internazionali nella realizzazione di un museo en plein air. Oggi, camminando per le vie di Bonito, si incontrano lavori di Millo, Tellas, Giulio Vesprini, Alex Senna, Diego Miedo, Arp, Bosoletti, Milu Correch, Camilla Falsini, Nemo’s, Poki, Collettivo Fx, Guerrilla Spam, Bifido, Andrea Casciu, Irene Lasivita, Carlos Atoche (la mappa è disponibile online e i lavori si apprezzano anche su Google Art).
Girovagando in cerca delle facciate dipinte, in Vico Masaniello ci si imbatte nella curiosa mostra permanente Alla ricerca delle cose perdute, che riunisce oggetti rari e introvabili, riferiti a diversi mestieri e differenti espressioni artistiche della cultura irpina.
https://www.collettivoboca.it/
IL PARCO ARCHEOLOGICO DI AECLANUM LUNGO LA VIA APPIA
Si estende su 18 ettari il sito archeologico che circoscrive i resti dell’antica Aeclanum, città fondata dalla tribù sannita degli Irpini, poi conquistata dai Romani. Situato proprio lungo la Via Appia (prima di giungere a Mirabella Eclano si individuano anche i resti del cosiddetto “ponterotto”, o Ponte Appiano, imponente infrastruttura costruita sul fiume Calore in età traianea), l’insediamento fu distrutto nel 662 dall’imperatore Costante II, diretto all’assedio della longobarda Benevento. Si visitano i resti delle terme pubbliche, la piazza del mercato coperto, alcune abitazioni e botteghe, oltre alle fondamenta di una basilica paleocristiana dell’età di Giustiniano.
IL MUSEO ARCHEOLOGICO DI FRIGENTO
Di origine romana è anche l’abitato di Frigento, arroccato a oltre 900 metri di quota. Dell’epoca si conserva (e si visita) un complesso di cisterne ipogee, risalenti all’età repubblicana, testimonianza dell’ingegno costruttivo romano. Ma è il Museo Archeologico cittadino il motivo principe della sosta: il percorso espositivo, Racconti del grano nel vento, al piano terra di Palazzo Di Leo, aiuta a ripercorrere la storia di Frigento e la sua fortuna dovuta alla posizione strategica lungo la Via Appia. Notevole è il nucleo di iscrizioni di epoca romana rinvenute in zona, che il museo accompagna con un allestimento audiovisivo volto a facilitare la comprensione dei contenuti. Al primo piano del palazzo è esposta la collezione privata di stampe d’autore del XX secolo di Pina Famiglietti e Angelo Gabbanini.
https://www.frimactfrigento.it/
L’ABBAZIA DEL GOLETO
Dal borgo medievale di Rocca San Felice (che vale l’ascesa al castello), passando per Sant’Angelo dei Lombardi, si raggiunge l’Abbazia del Goleto, costruita alla metà del XII secolo per volere di San Guglielmo da Vercelli. La particolarità del sito, che nei secoli ha subìto i terremoti che affliggono l’area, sta nella sovrapposizione di due chiese – Inferiore e Superiore – che furono costruite a cinquant’anni di distanza l’una dall’altra, tra il 1200 e il 1255. La prima testimonia l’affermarsi sul territorio dello stile romanico, la seconda conserva parte del ricco ciclo di affreschi che decorava le pareti, oltre a una serie di raffinati capitelli e altari. Il complesso, che ospitava un monastero femminile e uno maschile, prosperò sotto la guida di badesse illuminate; a una di loro, Febronia, si deve la costruzione dell’omonima torre, realizzata con funzione difensiva in blocchi lapidei provenienti da un mausoleo romano dedicato a Marco Paccio Marcello. Nel 1732, dopo un sisma, fu affidata a Domenico Vaccaro la costruzione della cosiddetta Chiesa Grande.
IL MUSEO ANTROPOLOGICO VISIVO DI LACEDONIA
Nel cuore dell’Alta Irpinia, Lacedonia è l’ultima tappa lungo la via Appia prima di arrivare in Puglia. All’interno di un edificio ottocentesco del centro storico, il MAVI (Museo Antropologico Visivo Irpino) espone la collezione di foto scattate a Lacedonia nel 1957 dall’antropologo statunitense Frank Cancian, che confluì nel libro Lacedonia, un paese italiano, 1957. Oltre 1.800 foto che raccontano i costumi e le relazioni del mondo contadino che fu, nell’Irpinia del secondo dopoguerra: piazze, bar, lavoro nei campi, processioni, masserie, scuole, ma anche scene di vita domestica. Annualmente, il Progetto 1801 Passaggi invita i fotografi contemporanei a confrontarsi con la raccolta d’epoca, ispirandosi a uno degli scatti di Cancian. Attualmente il museo è chiuso per lavori di ristrutturazione.
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