Pochi luoghi sono in grado di rappresentare la stratificazione della storia di Roma come il Palazzo del Laterano, un edificio che oggi si presenta nella sua veste cinquecentesca voluta da papa Sisto V, il papa urbanista, intenzionato a lasciare sin dal principio del suo pontificato una traccia indelebile sulla struttura dell’Urbe; un papa la cui verve indomabile gli valse il nomignolo di “papa tosto” agli occhi della cittadinanza Romana.
La storia del Palazzo Lateranense a Roma
Le sue imprese architettoniche sono rappresentate all’interno dell’edificio Lateranense nella più grande delle sale, l’ambiente noto come Sala dei Pontefici, ribattezzata in epoca moderna Sala della Conciliazione: qui, l’11 febbraio 1929 furono firmati i Patti Lateranensi tra il Regno d’Italia e la Santa Sede che portarono al superamento della tesa situazione apertasi nel 1870 con la Breccia di Porta Pia e la scelta di Roma come capitale definitiva dello Stato italiano. Le mura del palazzo, insomma, sono state a più riprese testimoni mute dei grandi eventi della storia. Ma procediamo con ordine. Seicento anni fa, infatti, lo scenario davanti ai nostri occhi sarebbe stato completamente diverso: avremmo visto un grandioso complesso dall’aspetto di inaccessibile fortezza, un grande castello medievale. Probabilmente l’edificio, molto antico e parzialmente malandato, avrebbe suscitato in voi, visitatori del tempo, un certo timore, esercitando però anche un discreto fascino decadente: ecco a voi il Patriarchìo, l’edificio dei Papi di Roma!
Il palazzo dei Papi di Roma. Le origini
La scelta di Costantino di costruire l’edificio papale sul Celio fu dettata da varie condizioni favorevoli offerte dalla zona: in particolar modo l’area in questione era in precedenza occupata dalla caserma del suo grande avversario, Massenzio, che Costantino aveva sconfitto nella celeberrima battaglia del Ponte Milvio nel 312 d.C.; inoltre, l’edificio sorgeva fuori dal centro abitato e in prossimità di un grande edificio imperiale a ridosso di Porta Maggiore, il Sessorium, utilizzato dalla madre di Costantino, Elena, nel luogo dove oggi si trova la basilica di Santa Croce in Gerusalemme. In effetti Elena, secondo la tradizione, aveva portato a Roma le reliquie della Santa Croce. La posizione dell’edificio, insomma, era perfetta per la ricostruzione ideologica della nuova Roma Cristiana: ecco il motivo per cui Costantino donò l’area appartenuta un tempo alla famiglia dei Laterani a papa Milziade I. La proprietà dei Laterani fu espropriata all’epoca di Nerone in quanto la nobile famiglia fu accusata di aver partecipato alla celebre congiura di Pisone contro l’imperatore, e il fatto di donare una proprietà entrata a far parte del patrimonio imperiale durante il regno di Nerone, il primo imperatore a dare il via alla persecuzione dei Cristiani, chiuse di fatto il cerchio agli occhi di Milziade I.
Le opere d’arte conservate nel Palazzo Lateranense
In questo edificio, che da una matrice tardoantica si evolse con il trascorrere dei secoli verso un più marcato gusto gotico, si trovavano molte statue tra le più famose conservate dall’antichità pagana, come la statua del Marco Aurelio (salvatasi proprio perché interpretata come la statua di Costantino, amico della nuova fede cristiana), la statua dello Spinario, della Lupa Capitolina e la rarissima iscrizione bronzea della Lex de Imperio Vespasiani. Fu poi Sisto IV, che edificò la Cappella magna del palazzo del Vaticano affrescata in seguito dai migliori artisti toscani, a donare nel 1471 la statua del Marco Aurelio al palazzo civico della città, sul colle del Campidoglio. E questo evento costituì in nuce la nascita di una prima collezione pubblica e parzialmente visitabile, che avrebbe dato origine nel 1734 al primo “museo” al mondo inteso nel senso moderno del termine. Il palazzo del Patriarchìo lateranense fu dunque testimone, anche in questo caso, di un evento di portata globale, che cambiò il corso della storia dell’arte.
Oggi però nulla o quasi è rimasto di quell’epoca gloriosa in cui il Laterano fu per ben mille anni la sede principale dei pontefici. Dopo la Cattività Avignonese, infatti, al ritorno dei Papi a Roma nel 1377, fu scelto al suo posto un altro luogo di grande pellegrinaggio: la tomba del primo apostolo Pietro, primo Vescovo di Roma: San Pietro in Vaticano. Giulio III ordinò l’abbattimento del grandioso edificio che ormai versava in rovina, e dopo oltre due secoli di abbandono, tra il 1585 e il 1589, fu papa Sisto V a riportare il Laterano ai fasti del passato grazie al suo architetto di fiducia: Domenico Fontana (Melide, 1543 – Napoli, 1607).
Il Palazzo Lateranense di Sisto V e Domenico Fontana
Oggi l’edificio rispecchia quasi completamente la veste architettonica e decorativa scelta da Sisto V, al secolo Felice Peretti, con i grandiosi affreschi di Cesare Nebbia, Giovanni Baglione e Giovanni Guerra, solo per citare alcuni tra gli artisti incaricati della decorazione. L’edificio, per volontà di Papa Francesco, è sin dal dicembre 2021 aperto alle visite e permette a turisti, curiosi e appassionati di arte di scoprire i meravigliosi ambienti del piano nobile dell’edificio.
La visita al palazzo comincia dal cortile d’onore, caratterizzato da un sobrio ma solenne porticato le cui volte interne sono completamente coperte di affreschi a grottesche, secondo il gusto dell’epoca. Lo scalone monumentale ci porta in visita agli appartamenti pontifici. E già il primo ambiente lascia a bocca aperta: ci troviamo nel Salone dei Pontefici, un grandioso salone che è anche manifesto programmatico del pontificato di Sisto V, dato che gli artisti decorarono le pareti a doppia altezza dell’ambiente con le grandi fabbriche del pontefice. Il papa infatti riportò l’acqua nella zona del Quirinale riaprendo il condotto dell’Acqua Alessandrina, edificò il grandioso Salone Sistino della Biblioteca Apostolica Vaticana al centro del cortile bramantesco del Belvedere in Vaticano, iniziò la bonifica delle paludi Pontine e fece realizzare la Fontana del Mosè come mostra dell’Acquedotto Felice. Queste operazioni andavano interpretate in un quadro di riorganizzazione complessiva dell’Urbe. L’intenzione di Sisto V era quella di aprire grandi viali che si irradiavano come una stella (in syderis formam) dal centro focale, individuato nella basilica di Santa Maria Maggiore: questo progetto era così importante che il Pontefice lo volle rappresentato nel salone più importante del palazzo. Al di sopra degli affreschi urbanistici, sui lati corti della Sala dei Pontefici furono realizzati due affreschi dal sapore più spiccatamente religioso, Tu es Petrus, a opera di Ferraù Fenzoni,e Pasces Oves Meas, dipinto da Andrea Lilio. Oggi la conserva anche il documento originale dei Patti Lateranensi e una bandiera dello Stato Pontificio proveniente da Castel Sant’Angelo, ammainata nel 1870 all’indomani della Breccia di Porta Pia.
La visita alle sale di rappresentanza del Palazzo Lateranense
Il secondo ambiente, la Sala degli Imperatori, è dedicato alle quattordici grandi figure imperiali che sancirono la continuità di fatto tra l’antico impero romano e la nuova capitale del Cristianesimo in epoca tardoantica. Le stanze successive, dette di Samuele e di David, sono caratterizzate da una sontuosa decorazione ad affresco delle volte a padiglione, opera di Cesare Nebbia e Giovanni Guerra. L’ambiente successivo, d’angolo, si apre su un tesoro assoluto di Roma che sancisce un’altra continuità storica, quella tra i faraoni d’Egitto e gli imperatori dell’Urbe: l’obelisco che svetta di fronte a noi è quello di Tutmose III e IV, realizzato 3500 anni fa e trasportato da Tebe a Roma da Costantino II, figlio di Costantino il Grande. L’obelisco, con i suoi 32 metri d’altezza, è il più grande obelisco monolitico al mondo, uno dei tredici che oggi si trovano nella Capitale. Per Sisto V questi elementi erano fondamentali a “puntellare” la nuova maglia viaria da lui ideata, e costituivano dei “marcatori” dei luoghi principali della Città Eterna. Fu lo stesso architetto Domenico Fontana a riuscire nell’impresa di innalzare il monumentale obelisco nel 1588: dalla Sala di Salomone si gode di una visuale perfetta per poter contemplare questo straordinario capolavoro dell’arte egizia.
Dopo la Sala di Elia troviamo uno degli ambienti più grandi di quest’ala del palazzo: la Sala di Daniele, dedicata all’ultimo dei quattro profeti che hanno preannunciato la venuta di Cristo, con affreschi che ricordano la scena dell’abbattimento della statua pagana e la sua sostituzione con la croce che campeggia sulla volta della Sala di Costantino nelle Stanze di Raffaello ai Musei Vaticani. Grandi arazzi francesi della manifattura dei Gobelins donano al vastissimo ambiente un aspetto davvero regale. Ma nulla in confronto a quella che da sempre è stata utilizzata come sala del trono: siamo ora nella Sala delle Stagioni, o Sala della Gloria. Qui tutto è imperniato sul concetto del potere temporale, cioè il tempo che è stato concesso da Dio, secondo la visione cristiana, al Pontefice per realizzare il volere divino. Le quattro stagioni rappresentate nella volta indicano l’inesorabile scorrere del tempo. E la fretta è qui stata certamente una cattiva consigliera dell’artista incaricato di trascrivere le stagioni: la primavera infatti (“ver” in latino) è decorata con una pesante coperta, mentre l’inverno (“hyems” in latino) è rappresentata con una leggiadra corona di fiori primaverili, una piccola confusione da parte di chi avrebbe dovuto decorare il cartiglio con le scritte. Segue la Sala degli Apostoli, che presenta alle pareti la vita di Gesù alternata a episodi della Missio Apostolorum. Alcuni riquadri affrescati sono stati realizzati in modo tale da sembrare degli arazzi appesi alle pareti, in trompe l’œil. L’ultima sala dell’Appartamento di rappresentanza è la Sala di Costantino: gli affreschi qui rappresentano l’imperatore romano che con l’Editto di Tolleranza (detto anche Editto di Milano, allora co-capitale imperiale) permise la presenza di altri culti al di fuori di quello pagano all’interno dell’Impero Romano, aprendo le porte al trionfo del Cristianesimo.
L’appartamento papale del Palazzo Lateranense
Attraversato lo scalone monumentale che porta in Basilica, i cui affreschi sono ancora in parte in attesa di un’attribuzione certa, giungiamo all’appartamento papale, che presenta ambienti come lo studio, la camera da letto, la biblioteca e la sala da pranzo. Qui scopriamo una peculiarità: per poter meglio vedere i suoi commensali e poter essere visto dagli stessi, il Pontefice non siede a capotavola ma in posizione isolata al centro del lato lungo del tavolo. Dopo il busto che ritrae John F. Kennedy, il primo Presidente degli Stati Uniti di religione Cattolica, giungiamo a visitare la piccola cappella, che presenta un bel pavimento in maiolica policroma: è l’unico segno di sontuosità di un ambiente utilizzato dal Pontefice per le cerimonie private.
L’appartamento papale è stato ricavato ponendo dei setti murari in uno dei quattro bracci della loggia del palazzo, anch’essa totalmente affrescata. Negli altri tre bracci, che si affacciano anch’essi sul cortile d’onore, fino a poco tempo fa era collocato il Museo Storico Vaticano. D’altra parte la vocazione museale del Palazzo del Laterano è consolidata: qui aveva sede anche il Museo Missionario-Etnologico sin dal 1927 assieme al Museo Gregoriano Lateranense, aperto nel 1844 da Papa Gregorio XVI, oggi trasferito in Vaticano e ribattezzato Museo Gregoriano Profano. La volontà di integrare questi due musei nel circuito ufficiale dei Musei Vaticani fu di papa Giovanni XXIII, e nei primi Anni Settanta papa Paolo VI inaugurò la nuova ala espositiva disegnata dallo Studio Passarelli.
A Palazzo Lateranense si intraprende dunque un viaggio nel tempo unico, alla scoperta di un’epoca straordinariamente felice per l’arte e la creatività a Roma, quando l’era del Manierismo volgeva al termine e l’epoca del Barocco trionfante era ormai alle porte. Sedici sale, una cappella, due scaloni monumentali per oltre tremila metri quadrati di puro splendore: non c’è dubbio alcuno che questo sia uno dei palazzi più sontuosamente decorati di tutta Roma e tra gli edifici cinquecenteschi meglio conservati d’Europa: un vero e proprio palazzo reale dei Papi.
Thomas Villa
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati