L’amore ai tempi della turistificazione (di massa). I casi di Milano e Venezia
Se la piadina costa più di un euro è gentrificazione. Le città italiane stanno diventando inaccessibili ai residenti. Anche la città dei city workers e della moda fa le spese del turismo di massa. Il racconto di Federica Verona
È un caldo agosto italiano, anche a Venezia. A tarda sera a San Marco stanno per chiudere i caffè mentre le orchestre stanno eseguendo l’ultimo brano di repertorio, è uno di quei giorni densi di turisti raminghi tra la Basilica di San Marco e la riva degli Schiavoni che alzano al cielo i bastoni da selfie e cercano lo sfondo più adatto alla milionesima foto ricordo di loro stessi nella città più bella del mondo.
I residenti a Venezia
Ma è tra le colonne di Palazzo Ducale e i gradini che portano al Rio di Palazzo sottostante, esattamente sotto al Ponte dei Sospiri e le Prigioni Nuove, che una coppia di giovani turisti stranieri si appresta a consumare un rapporto sessuale en plein air. Lei, visibilmente alterata, sembra non curarsi della gente che la guarda e lui, sotto di lei, tanto meno.
Chissà quante volte succedono cose strane a Venezia, come quando quel tale si è tuffato dal Canal Grande qualche giorno fa. Ma è appesa ai muri delle calli la ragione per cui, in una città, si può perdere in questo modo il controllo, alcuni volantini autoprodotti declamano:
“A Venezia ci sono 49mila 365 residenti i turisti al giorno sono 48mila596” o ancora “a Venezia ci sono 7300 annunci su airbnb, il prezzo medio per una notte è di 211 euro. E se a Venezia voglio viverci?”.
A poco è valso alzare il costo del vaporetto, che per 75 minuti di corsa costa 9.50 euro o inserire la tassa di soggiorno. Ormai Venezia, nelle sue parti più preziose con i suoi monumenti, le sue architetture, i musei, le librerie, le sue osterie e le sue “experiences” (come quella di andare al mercato e imparare a cucinare il pesce per la cena) non solo è inserita in tutte le guide possibili e immaginabili del mondo ma compare anche nei profili Instagram di centinaia di influencer che ci insegnano dove andare a mangiare il tramezzino più buono, dove bere lo spritz e dove trovare il cicchetto o la polpetta migliore.
Il turismo di massa a Venezia (e a Milano)
Venezia oggi non è più un mistero da scoprire con lentezza e magia, ma semplicemente un luogo da vivere come fosse la propria tavola da pranzo, il proprio salotto, il proprio bagno e il proprio letto dove si dorme o si fa l’amore.
Venezia è un caso estremo, ma negli ultimi anni il tema del turismo di massa sta toccando molte città in maniera inedita, Milano ad esempio, nel 2023 ha registrato 4 milioni di arrivi in città e oltre 5,5 milioni nella sua area urbana superando nettamente il 2019 definito l’anno d’oro del turismo milanese. Milano, che è sempre stata la città dei city workers, della moda, del design, da quando ha ospitato Expo è entrata nelle traiettorie e nei pacchetti viaggio che comprendono Venezia appunto, il Lago di Como, Bologna e qualche outlet di provincia per comprare gli abiti di moda a minor prezzo.
In breve tempo interi quartieri milanesi si sono velocemente adattati al cambiamento, spazi del commercio veloce e catene del food che si danno il cambio, aprendo e chiudendo con estrema velocità, hanno preso il posto delle vecchie botteghe di quartiere: il ferramenta, il panettiere, l’elettricista, il vecchio bar. Piano piano tutti vendono a caro prezzo spazi commerciali che valgono ormai migliaia di euro al mq nella direzione contraria a qualsiasi idea di città a 15 minuti di cui tanto si parla.
Lo spazio pubblico a Milano
Lo spazio pubblico è presto trasformato grazie a centinaia di tavolini che si riversano su strada, dove il cibo sembra essere il nuovo culto di massa. E se Venezia sembra ormai un grande e malinconico Luna Park e Milano si adatta a nuove forme di attrazione turistica, anche in città più piccole, come Ravenna, compaiono scritte sui muri a caratteri cubitali “Se la piadina costa più di 1 euro è gentrificazione”. Perché va da sé che, quando una città diventa attrattiva, gli investitori cerchino di costruirla ancora un po’ di più per estrarne valore e, senza una guida attenta della politica e delle Pubbliche Amministrazioni, il rischio che si perda il controllo e che il mercato immobiliare la faccia da padrone è alto e pericoloso.
Così le città diventano sempre più inaccessibili alla stabilità quando sarebbe urgente un processo di cura per non ferirle, quando servirebbe che la politica e le politiche si facessero carico del tema casa in generale e nel particolare si praticasse una coraggiosa limitazione degli affitti brevi, identificando tempi massimi di permanenza e richiedendo maggiori qualificazioni per affittare, o, in alcuni casi al limite, si sospendesse addirittura la possibilità di farlo a favore di un pensiero più ampio e serio sul tema dell’abitare legato all’affitto sociale e convenzionato per chi, oltre che una casa, non può permettersi una vacanza né a Milano né a Venezia né a Ravenna.
Federica Verona
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