Sui Navigli di Milano c’è da 50 anni un laboratorio d’incisione nascosto in un cortile verde
C’è un posto a Milano che sembra Montmartre ma non è Brera! È un cortile pittoresco immerso nel verde, in cui ancora si pratica e si insegna l’arte dell’incisione come accadeva negli Anni Settanta. Non siete curiosi di sapere dov’è?
In aggiunta al quartiere di Brera, Milano ha una seconda Montmartre, forse ancora più caratteristica. Si tratta dei Navigli, e in particolare della sponda di destra – con il Duomo alle spalle – del Naviglio Grande. Se un po’ tutto il quartiere è pervaso da un’atmosfera pittoresca, in cui gli artisti (più o meno dotati) mettono in bella mostra i loro lavori, c’è un posto particolarmente speciale. Magico, in cui l’orologio è fermo al 1975. È in quell’anno che Gigi Pedroli inaugurò il Centro dell’Incisione: atelier, scuola, e spazio espositivo, tutto dedicato a questa tecnica. Nato come punto di ritrovo per un gruppo di amici artisti, è sopravvissuto agli anni e alle trasformazioni del quartiere. Ha visto il Naviglio Grande passare dall’essere la terra della gioventù bruciata e degli spacciatori – dove nessuno voleva andare – a una delle dodici strade più belle d’Europa secondo il NY Times.
Per punti
La storia dei Navigli e del Centro dell’Incisione di Milano
I Navigli: da quartiere malfamato a Montmartre di Milano
Prima di raccontare la storia del Centro dell’Incisione, un po’ di contesto. Siamo nel Secondo Dopoguerra, quando i Navigli erano ancora il tredicesimo porto nazionale. Poi, nel 1979, l’ultimo carico sbarcò alla Darsena, che fu poi dismessa e abbandonata. Qualche anno di atmosfera naïf e di artisti attirati dagli affitti bassi, e poi la situazione degenerò. Droga, spacciatori, e gioventù bruciata appesa ai parapetti delle case cadenti. I Milanesi stavano alla larga; di turisti neanche l’ombra.
Questi era il difficile contorno in cui Gigi Pedroli e il suo gruppo di artisti si ritrovarono all’inizio. Attirare visitatori e clienti non era facile… ma gli sforzi furono poi premiati. Il motore della rinascita dei Navigli furono loro: gli artisti.Chi ebbe l’idea del Mercato dell’Antiquariato famoso a livello internazionale? Loro. Chi accese le prime file di lucine colorate sui canali? Ancora loro. E così si è arrivati a riaprire la Darsena per Expo, e alle menzioni del NY Times.
Palazzo Galloni: la sede del Centro dell’Incisione
Al civico 66 dell’Alzaia Naviglio Grande, sorge Palazzo Galloni. Si tratta di un complesso sorto agli inizi del Seicento, di proprietà dell’omonima famiglia di commercianti. A quei tempi, l’area attorno al Palazzo stava diventando piuttosto interessante in termini mercantili. I corsi d’acqua milanesi erano sempre più utilizzati come via di scambio, tanto che sorse – e si concretizzò – l’idea di crearvi un porto vero e proprio. Così nacque la Darsena… e a pochi passi Palazzo Galloni.
Ai tempi della costruzione, ce lo si deve immaginare un po’ diverso da come lo si vede oggi. Era infatti preceduto da un portico a cinque arcate – oggi ridotto a un’unica apertura che fa da ingresso del Centro – con funzione di deposito merci. E, poi, non era certo coperto dalla vegetazione: tutto il verde deriva da due piantine di vite del Canada, portate lì da Pedroli negli Anni Settanta, e cresciute nel tempo in modo esponenziale.
La nascita e la storia del Centro dell’Incisione di Milano
Gli inizi
La data che segna l’inizio della storia del Centro dell’Incisione è il 1975. Anno in cui l’artista Gigi Pedroli e sua moglie Gabriella riaprirono al pubblico una parte del pianterreno di Palazzo Galloni. Fino a quel momento, l’edificio era rimasto per diverso tempo quasi abbandonato, affittato in ultimo a una famiglia di muratori. I nuovi arrivati – Pedroli e il suo gruppo di amici – ne rimisero a nuovo tre stanze affacciate sul cortile interno. Quelle che ancora oggi ospitano l’archivio, lo spazio espositivo per le mostre, e il laboratorio di incisione. Nonostante lo stato di forte abbandono, il Palazzo era il luogo perfetto per le loro esigenze: trovare un posto in cui mettere il torchio, e riunirsi tra artisti per lavorare, esporre e conversare.
Il Centro dell’Incisione negli anni
Gli inizi furono piuttosto difficili, con il pubblico che nicchiava a farsi convincere a venire, a causa della cattiva fama del luogo. A poco a poco, però gli sforzi di Pedroli e degli altri artisti cominciarono a dare i loro frutti. Organizzarono innumerevoli mostre e incontri – molti dei quali finiti a pane, salame e Bonarda – e persino serate di cabaret. Così facendo, la gente incuriosita aumentò, e molti diventarono frequentatori abituali.
Con il passare degli anni, alle occasioni espositive – tutt’oggi organizzate – si sono aggiunti i corsi di incisione. Momenti di lezione, dedicati sia ai bambini (comprese le scolaresche), sia agli adulti e agli artisti che desiderano imparare questa tecnica per farne la loro professione.
Il Centro dell’Incisione oggi
Con una resilienza incredibile, il Centro e il suo maestro continuano a portare avanti la tradizione dell’incisione anche oggi. L’atelier è aperto dal martedì al sabato, ed è un posto impossibile da saltare se si è in gita sui Navigli.
Ogni sabato mattina poi – per chi desidera cimentarsi nell’arte dell’incisione – i corsi sono aperti al pubblico. E potrebbe esserci proprio lui, Gigi Pedroli, a tenere la lezione.
Le tecniche di incisione
Come si sarà capito, il Centro dell’Incisione è il posto giusto in cui imparare questa tecnica in tutte le sue varianti. Non capita di rado di fare confusione con i termini… di alternative per la stampa ce ne sono numerose. Qui vi raccontiamo le principali.
La xilografia
La xilografia è un tipo di incisione che prevede l’utilizzo di una matrice di legno, che viene scavata lasciando a rilievo l’immagine da stampare.
È la tecnica più antica, e anche quella che raggiunge il grado di precisione inferiore. Motivo per cui è poco usata dagli artisti.
La calcografia a bulino
Per calcografia si intende qualsiasi tecnica che utilizzi lastre di rame come matrice. È lo strumento usato per incidere a fare la differenza. Tra questi, molto frequente è il bulino: una sorta di punteruolo dal manico a pomello, che consente all’artista di controllare la pressione del disegno che incide.
A differenza della xilografia, qui l’immagine che uscirà dalla stampa è quella formata dai solchi: l’inchiostro, infatti, si deposita in essi e poi, quando la lastra è inserita nel torchio, lo rilascia sulla carta.
L’Acquaforte
Con l’acquaforte, è l’acido a incidere la lastra di rame, mediante attacco chimico. Per realizzarla, si ricopre la matrice con una vernice bituminosa, poi la si raschia via, delineando il soggetto che si vuole rappresentare. Una volta pronta, la si immerge nell’acido – una o più volte, a seconda della profondità di sfumatura desiderata – poi si stende l’inchiostro e si stampa.
La fama dell’acquaforte è legata a grandi nomi del passato, da Federico Barocci a Rembrandt.
Emma Sedini
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