Riscoprire il quartiere di San Francesco della Vigna a Venezia. Un modello di turismo consapevole
L’iniziativa vuole promuovere la cultura immateriale di un’area storica della città, coinvolgendo la cittadinanza come custode attiva del patrimonio e proponendo un modello di turismo consapevole che poggia sull’impegno sociale dei musei e delle istituzioni culturali

Nella Venezia sempre alle prese con il contenimento dell’overtourism, per limitare i danni di un turismo massivo che svilisce la città anziché preservarne l’incredibile densità culturale, storica e artistica, l’iniziativa che si appresta a prendere forma nel quartiere di San Francesco della Vigna è un impegno concreto a sostegno dell’identità lagunare e della cultura immateriale come patrimonio collettivo. Innanzitutto perché si rivolge a chi Venezia la vive, in una delle aree più significative per la storia della città.

La storia del quartiere di San Francesco della Vigna a Venezia
Nella porzione settentrionale del sestiere Castello, il quartiere mutua il nome dall’omonima chiesa cinquecentesca edificata su progetto di Jacopo Sansovino nel 1534, riconoscibile per la facciata in pietra istriana realizzata da Andrea Palladio nel 1564. In una zona storicamente presidiata da insediamenti religiosi, in realtà, la presenza di un complesso conventuale – vera origine del toponimo che si è tramandato nei secoli – risale al 1253, quando il figlio del doge Pietro Ziani lascia ai Frati Minori una vigna di sua proprietà, dove già esisteva una piccola chiesa dedicata a San Marco. Ma già verso la fine del secolo, la crescita della comunità religiosa determina l’avvio di una nuova costruzione (all’epoca si costituisce anche la preziosa biblioteca del convento), poi ampliata ancora alla fine del Quattrocento, prima di arrivare all’intervento del Sansovino sollecitato dalla famiglia Grimani, che sancisce la fortuna artistica del sito, applicando al progetto la teoria delle proporzioni armoniche rinascimentali. All’interno, la chiesa nasconde due chiostri, e un gran numero di opere che raccontano l’epoca d’oro dell’arte veneziana, da Giovanni Bellini a Paolo Veronese. Il merito è proprio dei Grimani, che nella chiesa trovarono sepoltura nella cappella di famiglia, e contribuirono a fare di San Francesco della Vigna un luogo di grande rilevanza della città: a Giovanni Grimani, patriarca di Aquileia e grande collezionista – cui si deve la fama di Palazzo Grimani come polo artistico e culturale della fine del ‘500 – è legato, per esempio, il coinvolgimento del Palladio.

Un modello di valorizzazione culturale che parte dalla comunità
Lontano dalle rotte turistiche più battute, il quartiere ha mantenuto un’identità residenziale più spiccata rispetto ad altre zone della città, e in questo scenario si muove, da oltre vent’anni, l’Associazione San Francesco della Vigna, impegnata nella conservazione della memoria storica dell’area e nella promozione di attività che coinvolgono i cittadini, siano essi residenti da generazioni o nuovi abitanti.
E ora l’Associazione, insieme al Museo di Palazzo Grimani e al Convento di San Francesco della Vigna – con il sostegno della Fondazione di Venezia – promuove il progetto di valorizzazione storico, artistico e sociale che prenderà il via il prossimo 14 marzo, presentandosi con una visita guidata tra la Salizada San Francesco – cuore commerciale del quartiere – la chiesa e il convento. La componente sociale dell’iniziativa è anche la sua linea caratterizzante: nel corso della primavera 2025, infatti, la comunità sarà coinvolta in tre attività volte alla conservazione e alla trasmissione del patrimonio culturale locale. Con il pubblico (con un focus particolare sulle fasce più fragili della popolazione: anziani, bambini, adolescenti, persone con disabilità e di diversa provenienza culturale) chiamato a diventarne custode attivo, anziché semplice fruitore. “Questo progetto esprime a pieno il ruolo sociale del museo pubblico, che rappresenta uno dei principali orientamenti che il nuovo istituto autonomo intende sviluppare”, spiega Marianna Bressan, direttrice dei Musei archeologici nazionali di Venezia e della Laguna, di cui Palazzo Grimani fa parte. “In questa occasione, infatti, il Museo di Palazzo Grimani e i partner dialogano con la comunità, ne stimolano interessi e memorie, invitano insomma a co-creare cultura, ritrovando senso di appartenenza attraverso le proprie radici”.








Le iniziative per riscoprire San Francesco della Vigna, tra itinerari e laboratori teatrali
In che modo? Costruendo “un archivio di ricordi che, in futuro, permetterà di comprendere cosa significava vivere in questa comunità, una delle poche rimaste autentiche nel cuore storico di Venezia”, sottolinea Susanna Ampò, presidente dell’Associazione San Francesco della Vigna.
La prima delle tre attività, Viaggio nel tempo, propone un percorso accessibile tra i luoghi simbolo del quartiere, accompagnato da immagini storiche e testimonianze digitali che raccontano la memoria collettiva della zona. Dal Museo di Palazzo Grimani al Campo della Celestia, l’itinerario raccoglie e celebra i racconti degli abitanti di San Francesco della Vigna con l’ausilio di una piattaforma digitale che sarà contenitore di documenti d’epoca e video-interviste, fruibili in base alle diverse necessità sensoriali e cognitive.
Anche il laboratorio di scrittura creativa inviterà i cittadini a trasformare ricordi e tradizioni in racconti a beneficio della collettività. Le storie, dapprima realizzate negli spazi di Museo di Palazzo Grimani, saranno poi condivise con la comunità, lette pubblicamente e distribuite come testimonianza tangibile delle specificità del quartiere.
L’ultima attività sarà condotta in collaborazione con il Teatro di Cittadinanza di Mattia Berto, che condurrà un laboratorio teatrale finalizzato a dare vita a una performance aperta al pubblico. Lo spettacolo vedrà la partecipazione di persone di tutte le età e provenienze culturali, con l’obiettivo di favorire la coesione sociale e lo scambio intergenerazionale.
Livia Montagnoli
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