Il dramma politico del Venezuela impedisce l’apertura del padiglione nazionale alla Biennale
"Forse aprirà a metà mese", spiegano fonti interne alla Biennale. "Apriamo il 19" assicurano gli organizzatori. Ma intanto il Padiglione Venezuela resta chiuso. Una scena agghiacciante nel bel mezzo dei Giardini. Un'occasione per riflettere su un paese che sta vivendo un dramma civile
L’oggetto architettonico non si può certo dire che sfiguri perché stiamo parlando pur sempre di un edificio progettato da Carlo Scarpa e Carlo Scarpa non sfigura mai. Però la cosa fa impressione e, a dirla tutta, fa gelare il sangue nelle vene. Il padiglione Venezuela alla Biennale di Venezia non ha mai aperto. Le opere sono state spedite, a giudicare dal pacco imballato davanti all’entrata, ma nessuno c’era ad aspettarle. Per il resto solo abbandono, una porta chiusa col lucchetto, sporcizia e foglie secche.
I PADIGLIONI AI GIARDINI
La disposizione dei padiglioni biennaleschi ai Giardini fotografa un mondo molto diverso da quello attuale, con pesi specifici e paesi influenti che sono assai cambiati negli anni. Il cuore centrale è la Vecchia Europa, con Francia, Gran Bretagna e Germania che si spalleggiano, così come Spagna, Belgio e Olanda. Per non parlare della vicinanza di Stati Uniti e Israele. Una topografia parallela che si è andata sviluppando nei decenni nel corso di tutto il Novecento. In questo quadro il Padiglione Venezuela rispondeva alle esigenze di un paese che ai tempi (l’edificio risale alla metà degli anni Cinquanta) era piuttosto florido, relativamente ricco e avviato ad un futuro di potenziale serenità.
Oggi le cose sono drammaticamente diverse. Ci sono stati gli anni di Hugo Chavez, quelli di Nicolas Maduro e i giorni di oggi, con un regime in crisi che reagisce ai tentativi dell’opposizione come un leone ferito. È di queste ore la notizia che alcuni parlamentari sono stati costretti, dopo le minacce ricevute, a riparare nella vicina Colombia. Nelle more di queste battaglie di potere la popolazione fatica anche a trovare da mangiare, molti sono fuggiti via dal paese e figuriamoci quindi se uno stato in queste condizioni riesce a trovare il tempo di allestire il suo padiglione alla Biennale di Venezia.
IL PADIGLIONE VENEZUELA CHIUSO
Le priorità sono ovviamente altre, ma vedere quel padiglione in abbandono è un monito senza ombra di dubbio. Trovarlo poi nel bel mezzo del percorso espositivo dei Giardini, e dunque visibile a migliaia e migliaia di visitatori, deve essere un motivo di riflessione. Tanto più che problemi simili per il Venezuela (che si chiama così – grazie ad Amerigo Vespucci – proprio in onore a Venezia) non avvengono per la prima volta se è vero come è vero che il padiglione venne già censurato una volta, nella Biennale dei “sogni e conflitti” del 2003.
LA MOSTRA PREVISTA
“Non siamo riusciti del tutto a capire cosa è successo” spiegano fonti interne alla Biennale. “Possiamo solo dire che a quanto ne sappiamo dovrebbero riuscire ad aprire il padiglione verso metà mese, forse la prossima settimana“. Ci sarà dunque modo forse nei prossimi giorni di vedere la mostra curata da Oscar Sottillo Meneses con i quattro artisti Natalie Rocha Capiello, Ricardo García, Gabriel López e Nelson Rangelosky. I cinque hanno anche tenuto a Venezia una rudimentale conferenza stampa per annunciare l’apertura del padiglione il 19 maggio. La mostra girerà attorno alla metafora della finestra “per esaltare” dice lo statement “la vocazione libertaria del paese”. Speriamo.
–Massimiliano Tonelli
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