Il Novecento del Philadelphia Museum arriva a Pisa
Da Picasso a Chagall, cinquanta capolavori provenienti dal museo americano raccontano le vicende storiche e le violenze del XX Secolo. Ora in mostra a Palazzo Blu
A Pisa, Palazzo Blu apre le porte a una mostra emozionante dove il linguaggio dell’arte è potentissimo. Il titolo dell’esposizione – LE AVANGUARDIE – Capolavori dal Philadelphia Museum of Art – anticipa bene il contenuto. Essere all’avanguardia significa sovvertire le regole imposte che non rispecchiano più l’attualità. Il termine Avanguardie si applica a tutti i ribollenti ed eterogenei artisti presentati in mostra, che sono riusciti a fronteggiare e far innervosire i grandi dittatori dei primi decenni del XX secolo.
I capolavori del Philadelphia Museum Art in mostra a Pisa
I capolavori esposti provengono dal Philadelphia Museum Art, uno dei maggiori musei americani, fondato nel 1876, che oggi raccoglie una collezione che abbraccia un arco di tempo di più di duemila anni. Lo stesso Marcel Duchamp, incaricato di effettuare un’indagine sui principali musei nordamericani per individuare la migliore collocazione per l’arte del XX secolo, lo scelse come sede più appropriata. La mostra sviluppata da Matthew Affron, curatore del Philadelphia Museum of Art, coincide con la conclusione di un intervento di riqualificazione e rinnovamento degli spazi di Palazzo Blu.
L’esposizione si sviluppa nel lasso temporale tra il 1910 al 1940, e presenta una cinquantina di opere che spaziano dai dipinti, alle sculture a istallazioni video, che scandiscono i vari passaggi politici, scientifici e artistici del periodo. Chagall, Dalì, Duchamp, Kandinsky, Mirò e Picasso ai quali si aggiungono Matisse, Mondrian, Klee, Ernst e Gris.
Il percorso espositivo a Palazzo Blu
Un giovane Picasso ci accoglie alla mostra con l’opera: “Autoritratto” (1906). Rappresentato con una semplice tavolozza in mano, senza pennello sembra voglia guidare all’interno di quell’itinerario dove l’intreccio di tempi, repressione, tragedie collettive, conflitti, ricerca interiore hanno dato vita a opere tanto potenti quanto travolgenti.
Il percorso espositivo parte dalla Belle Époque fino ad arrivare allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Un viaggio toccante, che rileva la volontà degli artisti di opporsi a una società nella quale era impossibile vivere, in quanto scollegata dalla realtà.
Gli artisti e gli intellettuali, spesso politicamente impegnati, creano cosi nuove forme di comunicazione e di stili. Si ha una rottura con la cultura che caratterizzava l’800 arrivando ad avere, da parte dell’artista, totale libertà di espressione. Nascono cosi correnti d’avanguardia come: cubismo, dadaismo, surrealismo, astrattismo. Le nuove forme d’arte provocarono acclamazione ma anche repressione, come la condanna dell’”arte degenerata” nella Germania nazista del 1937.
L’animo infuocato di ogni artista, mischiato alla necessità di raccontare attraverso la pittura e la scultura avvenimenti che gli hanno colpiti, ci investe ed entra a far parte di noi. Ogni opera scaglia verso lo spettatore il suo carico di dolore, tormento, gioia, analisi, ricerca, coraggio, sperimentazione, riuscendo a stabilire una connessione perfetta.
Il contesto storico e politico del Novecento raccontato in mostra
Le opere esposte hanno il potere di raccontare un contesto storico, politico, tra queste troviamo “Cerchi nel cerchio” (1923) di Vassily Kandinsky, opera nata all’inizio del periodo in cui l’artista insegnava alla Bauhaus di Weimar, si ha un’armonia straordinaria e ultraterrena. La vitalità delle linee e dei colori ci prefigura un movimento lento nel tempo, dove tutto acquista una connotazione necessaria al suo insieme.
Max Ernst, tra i fondatori del surrealismo, con “La Foresta”, (1923) riesce a infondere nello spettatore una sorta di calore, i colori ci avvolgono e riescono a catapultarci in questa dimensione. In questo dipinto si ha l’immagine di una strana costruzione centrale che assume un aspetto monumentale. Lo stile pittorico rende questa composizione visivamente convincente.
Tanguy, Masson e Chagall a Palazzo Blu
Di grande impatto è anche la Tempesta (1926) di Yves Tanguy, dove la sottile linea dell’orizzonte trasforma un cupo campo visivo in uno scenario oscuro e drammatico con figure enigmatiche. Alcune di queste sono di forma vegetale, animale o minerale, mentre altre sono di entità sconosciuta. Arriviamo ad avere un senso di galleggiamento dovuto al ritmo dei pennacchi di fumo e delle nuvole che si addensano. Il dipinto sembra prendere vita sotto i nostri occhi.
André Masson “Battaglia di galli” (1930) rappresenta la fase finale di una battaglia tra galli, in cui si ha il predominio del vincitore verso l’altro, tutto disposto lungo un colpo di frusta. La profonda identificazione dell’artista con i due protagonisti della scena è evidente. Identificazione dovuta all’esperienza traumatica vissuta, appena ventunenne, nell’esercito francese durante la Prima Guerra mondiale, quando combatté rimanendo gravemente ferito. Dopo il conflitto, l’artista, infuse alla pittura violenza, angoscia, oscurità, evocando la lotta darwiniana per la sopravvivenza del più forte in natura.
Infine, l’esposizione si conclude con “La Crocifissione” (1940) di Marc Chagall, opera dal forte valore simbolico,dove il tradizionale perizonium è sostituito da uno scialle di preghiera ebraica. L’attenzione è tutta concentrata sulle condizioni atroci e disumane dei compagni ebrei dell’artista, vissuti in Europa ai tempi della persecuzione nazista.
Giada Fanelli
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