Partire, restare, essere comunità. “Un mondo a parte”, il nuovo film di Riccardo Milani
Il nuovo film di Riccardo Milani – con Antonio Albanese e Virginia Raffaele – ci porta nel Parco Nazionale d'Abruzzo. Un racconto sociale, umano e onesto che si divide tra luoghi e anime, individualismo e comunità, ironia e commozione
La montagna “lo fa”, e chi vedrà Un mondo a parte di Riccardo Milani lo capirà bene. Il film, dolce e amaro, ironico e commovente, pieno di neve e aria fresca, è in sala dal 28 marzo con Medusa Film. I suoi protagonisti sono Antonio Albanese e Virginia Raffaele, e attorno a loro una vera comunità composta da bambini e adulti esordienti provenienti dai suoi stessi luoghi (Pescasseroli, Opi, Barrea, Villetta Barrea, Gioia dei Marsi). La storia è quella di un insegnante di scuola elementare che, dopo anni trascorsi nella periferia romana, riesce a ottenere un trasferimento in montagna, nel cuore del Parco Nazionale d’Abruzzo. All’idea di trasferirsi in mezzo alla calma e alla natura, Michele è pieno di gioia, anche se arriverà impreparato alla nuova vita (letteralmente in mocassini sulla neve). Nel paesino arroccato di Rupe, incontra Agnese, vicepreside, che oltre a essere maestra è per tutti confidente, amica e guida, e con lei ad attenderlo c’è un bidello, una insegnante precaria e una classe di sette bambini, gli ultimi del paese. In questo mondo, la scuola rischia di chiudere, ed è qui inizia l’avventura verso l’impossibile.
“Un mondo a parte” di Riccardo Milani. Un film sulla “restanza”
Un mondo a parte arriva nelle sale cinematografiche esattamente un anno dopo i cento anni del Parco Nazionale d’Abruzzo, e quello messo in scena è un racconto sociale, umano e onesto. Quello di Riccardo Milani, scritto con Michele Astori, è un film che ricorda come e quanto essere comunità può fare la differenza, anche e soprattutto nelle avversità. È un film che mette al centro la scuola, la precarietà, l’identità ma anche la “restanza”, quella di cui parla l’antropologo Vito Teti sottolineando come il partire e il restare sono i due poli della storia dell’umanità. E in Un mondo a parte c’è appunto chi parte, Michele che va via dalla metropoli, e c’è chi resta, pochissime famiglie che hanno scelto di non lasciare la montagna. Da un lato c’è chi fugge dal caos non sapendo a cosa realmente va incontro, e dall’altro c’è chi ha scelto di lottare per non vedere un altro paese diventare un luogo fantasma e abbandonato.
“Un mondo a parte” di Riccardo Milani. Verso un nuovo cambiamento?
Riccardo Milani volge il suo sguardo cinematografico, sempre molto attento, verso quei paesi di cui non sappiamo cosa accade nella quotidianità, e che sono frequentati principalmente per turismo solo nei periodi di vacanza e nei weekend. “Ho maturato questo film in decenni passati nei piccoli centri montani d’Abruzzo, dopo aver visto queste comunità svuotarsi passando, nel tempo, da 3000 a 1000 a 300 abitanti, e le loro scuole chiudere”, racconta Riccardo Milani. “Un giorno d’inverno di due anni fa, sono entrato in una scuola chiusa da tempo. Banchi accatastati, computer vecchi, un gelo che arrivava allo stomaco e, nella persona che mi aveva aperto la porta e guidava nel giro, la totale e serena rassegnazione a un destino inevitabile. Conosco bene quella rassegnazione e come sia sempre stato complicato, qui, togliersela di dosso per provare a essere protagonisti del proprio destino: è stato in quel momento che è cominciato ‘Un mondo a parte’, e in quella scuola abbandonata abbiamo girato tutto il film facendole, per un paio di mesi, riprendere vita. E ho cominciato con la consapevolezza che in queste piccole comunità di tutto il nostro Paese (il famoso ‘Paese Reale’ di cui spesso parliamo ma che, ancora più spesso, non conosciamo), sta piano piano affacciandosi una consapevolezza di cambiamento. Sapevo”, continua il regista, “che in molti piccoli centri amministratori e cittadini, per tenere in piedi le scuole, hanno messo in atto da anni espedienti più o meno legali, ma di cui tutti sono a conoscenza; molte scuole, cioè l’asse portante della nostra società, si sono salvate così, in maniera arrangiata e autonoma, ma efficace”.
Margherita Bordino
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