A Milano una mostra sulla dicotomia tra città e provincia in tre installazioni

Un paesaggio di oggetti sconosciuti che hanno l’aria di esistere da sempre abita la galleria FANTA-MLN per Conca Bullosa, personale di Alessandro Agudio che, tra ironia e design, mette in scena un amarcord della quotidianità

Chi nasce a Milano e proviene da una famiglia brianzola, come nel caso di Alessandro Agudio (1982) protagonista del solo show Conca Bullosa da FANTA-MLN, fino al 1° febbraio 2025, tende a unire i due mondi, così vicini e al tempo stesso distanti, anche dal punto di vista culturale. Milano è la città cosmopolita, dove melting pot fa rima con ricerca e sviluppo, specialmente in ambito artistico; la Brianza è un’area di imprenditori e agricoltori, dove industria e artigianato vivono ai confini di campi agricoli. Ecco, con questa dicotomia, arricchita da una buona dose di ironia, si potrebbe riassumere la ricerca di Agudio, artista poliedrico, attivo dal 2012. 

La grammatica visiva di Alessandro Agudio 

Tre sono le opere nello spazio di FANTA-MLN; galleria che da tempo ne segue l’attività, contribuendo all’ingresso di Agudio nel novero degli artisti di punta nel panorama del contemporaneo milanese. Conca Bullosa sintetizza, con tratti innovativi dal punto di vista estetico, la ricerca dell’artista volta alla creazione di opere che abitano lo spazio espositivo con discrezione, come mobili d’avanguardia. E, senza la necessità di specifiche connotazioni, l’artista costruisce una propria grammatica visiva. 

Le opere di Alessandro Agudio 

Vale per Vaso (2024) trafigge poeticamente l’ufficio di FANTA MLN, offrendo una prospettiva diversa da cui osservare la galleria; i 31 moduli di Quasi-Urinals (2024), dei vespasiani che non hanno nulla da invidiare a noti oggetti di design, costituiscono un’opera fondamentale per comprendere, con humor, la dicotomia tra provincia e metropoli. In ultimo, Dinamica – ex cassettiera (2024) è una scultura in legno che, intercettando il lato infantile dell’artista, offre una nuova lettura di un elemento di scarto, tra oggetto funzionale ed estetico. 

Alessadro Agudio nelle parole di Francesco Tenaglia

Dal testo critico di Francesco Tenaglia: “Alessandro Agudio ha accolto nel suo lavoro anomalie dell’attenzione altrui: modellisti di diorami casalinghi, inventori poco noti, cultori di impianti audio fai-da-te. Ha incrociato i loro percorsi perché conosce la stessa dedizione magnetica, ingegneristica: la ricerca febbrile di una forma sufficientemente nuova da meritare di essere immessa nel mondo. Agudio accende cose prossime, le trasfigura come l’amato Carlo Emilio Gadda aveva fatto con la tetra Brianza dell’infanzia, reinventandola nella buffa e atterrente Maradagàl. Una sublimazione di storie, ricordi, disposizioni che spingono a ripetuti incontri nel tempo”. 

Tre: il numero perfetto

Si dice che tre sia il numero perfetto. A livello di allestimento il complesso di opere funziona, così come la scelta di Alessandro Agudio di raccontarsi attraverso il suo personale dizionario artistico. Una mostra che, come in una fotografia di Luigi Ghirri o Franco Fontana, funge da madeleine di Proust per lo spettatore. Evocando ricordi di luoghi geografici e culturali. Memorie del percorso artistico del loro autore, toccanti anche per chi non ne conosce l’opera. 

Ilaria Introzzi

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